[Select Magazine] Intervista ai Coldplay [Select Magazine] Intervista ai Coldplay

[Select Magazine] Intervista ai Coldplay - periodo Parachutes

I cosiddetti tristi e 'offensori' di chitarre legati alla Parlophone. Preparatevi ai tanti paragoni coi Radiohead. 'Se la vita fosse un viaggio in un grande aereo, avremmo fatto passare le abitudini'. Cinque minuti di intervista e un pollice sul bicchiere, il cantante dei Coldplay Chris Martin sta diventando concettualista.

'Sappiamo qual è il numero del nostro volo, ma non sappiamo quanto durerà'. 'Ma in quale classe siamo seduti?', domanda il chitarrista Jon Buckland, continuando la metafora aeronautica. Chris si ferma a pensare per un momento e sorride: 'Dove ci sono i bagagli, sicuramente'. Una tale modestia è davvero forte, dato il valore della continua attenzione, da parte delle località del Devon, che i Coldplay hanno ricevuto negli ultimi sei anni. Dopo aver venduto 500 copie del loro autofinanziato 'Safety EP', il gruppo (inclusi anche il bassista Guy Berryman e il batterista Will Champion) cominciò ad attrarre case discografiche come i cacciatori intorno ai bei fagiani, grazie alle loro piume di malinconia acustica e di innalzamento emozionale. Queste abilità venivano affilate durante ore e ore di lottata pratica nell’University College di Londra con Chris che mise il progetto della sua boyband, fantasticamente chiamata 'Pectoralz', definitivamente nel bruciatore. Facendosi carico delle lance a disposizione come quelle del retro dei bar e i pub egiziani, per i Coldplay, che cominciarono a far uscire musica, era una proposizione molto più interessante del rilasciare interviste. Alla fine hanno firmato per la Parlophone nel bel mezzo di Trafalgar Square. 'E’ stato fantastico', ride Chris. 'Ma firmando, l’accordo della pubblicazione fu fatto in modo migliore – su una barca a remi al centro del Serpentine a Hyde Park. Ma avevamo i soldi soltanto per 15 minuti quindi dovevamo sbrigarci'.

I primi frutti di questa 'alleanza marittima' vennero fuori nella figura di 'The Blue Room EP', cinque tracce di eroico, innico folk. Comunque, i non credenti li hanno marchiati come miserabili – un’accusa che li ha disgustati: 'Tutte le nostre canzoni hanno emozioni molto semplici', dice il laureato in Studi del Mondo Antico Chris. 'Sono sia molto allegre sia molto tristi, ma mai misere'. E...bevendo un sorso di birra chiara: 'Oh beh, l’ultima traccia, ‘Such A Rush’, è piuttosto deprimente e detestabile. Ma le altre non lo sono, lo prometto'.

Con il loro tour autunnale e un paio di apparizioni nei festival estivi delle loro zone, più una 'fessura di appoggio' a Catatonia ('Ho dovuto tenere le sue sigarette mentre era al gabinetto!', esclama Chris parlando della divina Cerys) non manca una solida esperienza che gli sarà di aiuto una volta che l’album apparirà l’anno prossimo. 'Sai cosa succederà alla musica nel 2000?', domanda Jon, tirando fuori gli allarmi della teoria del pub. 'Le chitarre faranno un ritorno massiccio. Nei prossimi due mesi tutti festeggeranno con la musica dance, ma lì nessuno si alzerà il primo giorno del 2000, urleranno dall’emozione per la musica con chitarra'. 'Giusto', annuisce Chris concordando. 'Ecco perché i Vengaboys adesso sono più grandi di noi'. Dei sorrisi si propagano sulle facce della band. 'Ma tutto cambierà. Voi aspettate!'

Grazie a Flavia per la traduzione

Tratta da: Select Magazine

Data: Gennaio 2000