[Rhythm Magazine] Intervista a Will Champion dei Coldplay

Will Champion dei Coldplay
Il vero eroe moderno della batteria che dà energia alla più grande band del mondo parla a Rhythm dell’evoluzione della sua tecnica per lo sviluppo delle sue idee ritmiche, dell’importanza di accompagnare nel modo giusto le canzoni, della sua nuova batteria e del suo approccio per rendere fantastico il sound della sua batteria nei più grandi stadi del mondo. 

Difficile credere che Will Champion sia stato per l’ultima volta sulla copertina di Rhythm 15 anni fa. Allora la band rappresentava la sensazione di un fresco indie rock, cavalcando le melodie da inno come Yellow o Trouble dell’album di debutto del 2000, Parachutes. Fu davvero un approdo tosto per la band, e una ripida salita per Champion in particolare, che non poteva farsi chiamare batterista quando si unì al frontman Chris Martin, al chitarrista Jonny Buckland e al bassista Guy Berryman nella band. Dopo una decade e mezzo, è diventato uno dei batteristi più affermati al mondo. I Coldplay sono ora una delle band più grandi al mondo, e Rhythm è testimone della loro popolarità di fronte ai 55.000 del concerto allo stadio Hampden Park di Glasgow che impazzivano, mentre Will e compagni si esibivano in uno show straordinario hit dopo hit, con esplosioni di fuochi, raffiche di fuochi d’artificio e nuvole di coriandoli, aggiungendo allo spettacolo quello che solo le più grandi band sanno fare.

Il frontman dei Coldplay Chris Martin, a volte frequentatore delle personalità più celebri di Hollywood e papà-ballerino, scherza sul fatto che potrebbero aver sprecato denaro per l’illuminazione, visto che la luce del tardo tramonto della metà estate scozzese e il clima temperato delle serate di Glasgow rendono un po’ eccessive le luci del concerto. Ma in ogni caso questo è ciò che si vede e che dimostra la straordinarietà del concerto dal punto di vista musicale, con Will che alimenta le canzoni con gusto, colpi e brutalità quando necessario, con il suo stile vigoroso, donando un’efficacia tangibile alla perfetta scrittura musicale della band, un virtuoso talento e melodie da inno.

Certamente è facile non considerare le grandi band pop e rock da stadio, come se non avessero bisogno della destrezza tecnica dalla batteria, ma è chiaro che Will ne ha vendere nel suo arsenale. E, nella migliore tradizione della batteria, è lo spazio che lascia, sapendo quando suonare e quando no, a sostegno delle canzoni, l’orchestrazione delle sue parti, le sue dinamiche impeccabili – in particolare l’uso dei piatti – e il potente rullante che è esattamente quello che serve per portare le canzoni nelle grandi location in giro per il mondo. L’altra chiave del successo dei Coldplay è essere una band ben strutturata. Inevitabilmente, molto è dovuto a Martin, un autore di talento che ha composto i testi di alcune delle più belle melodie pop-rock negli ultimi 20 anni – Fix You, Speed of Sound, Violet Hill, In My Place, Clocks e altre – ma anche come i Coldplay siano in egual modo talentuosi. Martin, Berryman, Buckland e Champion hanno trascorso insieme 20 anni affinando il loro talento musicale e di scrittura, e i risultati sono evidenti non solo dai loro precedenti successi ma dall’enorme amore che hanno ricevuto dal mondo intero.

Il tour della band di A Head full Of Dreams fino ad ora ha toccato il Sud America e l’Europa, incluso Glastonbury, e sta per raggiungere gli stadi negli Stati Uniti. Qualcosa che rappresenta una sbalorditiva eredità per tutte le band – quindi finitela col cinismo. Non per niente, Will è uno dei più ricchi batteristi del Regno Unito; è anche il polistrumentista nella band, canta i cori ed è apparso anche nell’episodio ‘Red Wedding di Games of Thrones - è una vera superstar.

Rhythm non perde l’occasione quindi, quando ci ritroviamo nella posizione privilegiata di poter accedere al backstage dei Coldplay prima del concerto a Glasgow. Seppure consapevoli del poco tempo a disposizione data le tempistiche frenetiche dell’evento, che dopo tutto, prevedevano una partita di cricket prima del concerto con il loro amico Shane Warne, quando arriva il momento del nostro incontro con il batterista, decido di andare dritto al sodo e dare seguito all’ultima intervista per Rhythm con Will di 15 anni fa - subito dopo la pubblicazione del loro debutto fuori controllo, Parachutes.

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Estratto dall'intervista di Rhythm del 2001 - l’ultima testimonianza di Will

L’uomo dei Coldplay è stato intervistato su Rhythm nell’ottobre del 2001 ed ecco qui cosa ci disse...
Sul complicato secondo album...
“Quello che volevamo fare con il primo album era trasmettere le canzoni, in modo naturale e puro, molto del materiale era dal vivo, noi quattro insieme. Ma adesso sentiamo di essere cambiati in ciò che ascoltiamo, ciò che piace, in cosa scriviamo e suoniamo. È un processo di cambiamento naturale. Ci stiamo impegnando ancora...Vogliamo che il prossimo album sia il migliore mai scritto.”
Sull’essere un musicista prima di tutto...
“La cosa in cui mi riconoscerei , più di qualsiasi altra, è essere musicista. Non sono, in termini classici, un batterista di professione – il mio interesse è sempre stato focalizzato sulle melodie e sulla dinamica. Chiunque mi abbia visto suonare avrà probabilmente capito che non ho assolutamente una formazione da batterista. Il mio contributo può aggiungere alla canzone motivi interessanti, non necessariamente vistosi e veloci, ma caratterizzati soprattutto dalla dinamica, cercando di evidenziare le diverse parti della canzone.”
Sul migliorare la tecnica...
“Quando firmammo il primo contratto, passammo un periodo orribile per registrare un EP, non avevamo abbastanza tempo dato che eravamo sempre in tour, ed arrivai al punto in cui non potevo più suonare ciò che volevo. Avevo mille idee sul sound da ottenere, ma non ero capace di farlo ed era davvero frustrante, un periodo davvero negativo.”
Sul complimento di Grohl...
“L’altro giorno quando eravamo a Washington, Dave Grohl ha assistito ad uno dei nostri concerti e ha detto la cosa più fantastica che qualcuno abbia mai detto sulla mia musica. Ci aveva visto in televisione al Saturday Night Live e disse, ‘Penso che tu sia l’unico batterista inglese che ho visto negli ultimi 10 anni in grado di suonare bene la batteria.’ E detto da lui...è qualcosa di wow!”

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Will, l’ultima volta che sei stato intervistato su Rhythm ci dicesti che eri arrivato al momento in cui sentivi il bisogno di migliorare la tua tecnica per seguire le nuove idee ritmiche che avevi in mente...allora com’è andata?
“[ride] È andata molto bene, fortunatamente! Ho fatto sicuramente molta pratica da allora, ma non c’è scuola migliore per imparare che essere in tour. Sentivo di sbloccarmi all’inizio quando si andava subito in studio, è ed è stato difficile. Non ero mai stato in uno studio, avevo suonato a qualche concerto ma credo che mettere tanta energia in una performance possa far perdonare il fatto di non avere una tecnica solida – quando sei in studio è abbastanza evidente e si capisce molto velocemente se non sai fare qualcosa. Da quando abbiamo parlato molte lune fa, sono trascorsi praticamente 15 anni di tour e quindi tanto tempo per suonare e per migliorarsi, e tempo speso ad osservare altri batteristi mentre suonavano con altre band, raccogliendo al massimo possibile informazioni ed idee.

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Quali sono state le tue influenze nel tuo processo di apprendimento?
“Ovviamente Dave Grohl, che è stato sempre un meraviglioso esempio da seguire, da ascoltare e col quale suonare insieme, ci ha supportato ed è stato sempre molto gentile con noi, ci abbiamo parlato un sacco di volte ed è stato sempre adorabile. Quindi è stato di grande ispirazione. Di recente ho usato molto spesso dei software per batteristi, per cercare trovare nuovi modi di presentare ciò che facciamo, ci siamo come trasformati dall’essere...Forse avremmo potuto essere inquadrati nel genere ‘indie rock’ quando abbiamo pubblicato il nostro primo album, ma ora non ci possiamo più definire così! Le persone a cui mi sono ispirato per nuove ritmiche ed idee sono nell’ambito della urban music edelle produzioni hip-hop. Non mancano di certo le grandi personalità a cui ispirarsi e da cui farsi influenzare.”

Con il secondo album, A Rush Of Blood To The Head, siete migliorati tantissimo come musicisti – confermi che avete trascorso più tempo a lavorare sulla vostra tecnica in quel periodo?
“Certamente, abbiamo affinato la tecnica durante il tour. È divertente adesso, mentre ascolto quei dischi, lo faccio raramente, posso capire quali artisti stavo ascoltando e da chi ero influenzato. Nel periodo di A Rush Of Blood To The Head, abbiamo ascoltato Echo & And The Bunnymen e poi abbiamo iniziato con la musica Neul, Krautrock e con i Kraftwerk, cominciavamo a seminare...Eravamo abbastanza liberi, c’era molto materiale acustico e ritmi morbidi nel primo album e nel secondo abbiamo scoperto come essere un po’ più incisivi, ma mantenendo l’emozione nelle canzoni.”

Ti sentivi meglio in quel modo di suonare? Sei ovviamente un ‘picchiatore’ pesante!
“Non all’inizio, ecco perché – tutto è influenzato da chi ti circonda. Quando arrivi ad esibirti in location di grandi dimensioni, ti rendi conto che c’è anche bisogno dell’aspetto visuale e come band ci abbiamo sempre pensato tanto, al modo di presentarci sul palco. Jonny e Guy hanno molto da fare dal punto di vista tecnico sul palco e quindi non possono spostarsi molto. E nel periodo di A Rush Of Blood To The Head, Chris era spesso al piano e pensavo che con qualche effetto visuale lo spettacolo ne avrebbe beneficiato, come qualche braccio in aria per esempio. Ci sono batteristi fenomenali, e sul retro in una grande arena a volte non ci si accorge nemmeno se il batterista si muove o meno! Questi straordinari talenti della tecnica sono meravigliosi da ascoltare ma vorrei essere in grado di vedere ciò che fanno e se la telecamera non riprende la batteria, saper cogliere la palla al balzo fa la differenza e la gente penserà, ‘Oh si sta davvero impegnando.’ Non avevo ancora sufficiente fiducia per suonare forte, e praticamente mi concentravo semplicemente per non mandare a pu****e tutto!”.

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Però due batteristi a cui hai fatto riferimento, Dave Grohl e Pete De Freitas dei Bunnymen, picchiano davvero duro, quindi immagino che li ascoltassi e pensassi che suonavano davvero bene, e che fosse anche un bello spettacolo visuale...
“Si, assolutamente, più suoni in tour più ti rendi conto che è come creare un’atmosfera in una stanza. Nei club puoi cavartela con con uno spettacolo più raccolto, ma quando affronti spazi più grandi devi proiettarti verso il pubblico, devi fargli capire cosa sta succedendo sul palco, e credo che questo sia in gran parte dovuto il modo in cui il nostro sound come band si è evoluto, arrivi nei grandi spazi e pensi, quella piccola e debole canzone non funzionerà bene in una grande arena! È meglio che troviamo il modo per riempirla!”

Credi che esista un compromesso tra il sound malinconico e l’artisticità necessaria ai concerti negli stadi?
“Si per alcuni aspetti, sono d’accordo – c’è meno spazio per la delicatezza nei grandi spazi. Ma dopo aver detto che ci sono tante cose che siamo in grado di fare usando la batteria elettronica, i sequenziatori e simili, questo ci fornisce quel tipo di sfumatura nel suono ma con semplicità. È una delle cose più belle che abbiamo scoperto con il nostro ingegnere del suono, che ha potenziato il nostro sound con l’elettronica, in questo modo possiamo avere potenza ed enfasi ma con complessità e dettaglio. Ma a volte serve proprio questo, se dovessi riascoltare solo la mia performance sulla batteria di un intero concerto, sarei in grado di scovare qualsiasi errore, in ogni canzone, ma alla fine è il risultato finale che conta. Cosa sta succedendo nello stadio, con 80.000 persone – si stanno divertendo? È il top. Qualcuno potrebbe dire, oh, è stato un po’ approssimativo stasera, fino a quando il pubblico canta e si diverte, ecco, questo mi basta ad andare avanti.”

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Quando vai in studio, durante il processo di scrittura, senti di essere in grado di apportare una batteria più tecnica? Ed è quindi qualcosa a cui pensi sempre, a come il sound si trasformerà dal vivo?
“Si, assolutamente. È divertente. Ci pensavo mentre registravamo l’ultimo album. Stavamo registrando la batteria, ripetendo molte volte, anche se cerco di ridurle a due o tre magari [come dovrebbero essere]. ‘Ok, così va bene, ‘ e immediatamente mi vengono dei dubbi perché in passato, nel primo album, serviva registrare 25 o 30 volte prima di ottenere qualcosa di lontanamente decente. Quindi, mi sono detto, hai suonato la batteria quasi tutti i giorni negli ultimi 15 anni, non è una sorpresa che tu sia un po’ migliorato! È bello rendersene conto, e pensare, posso farlo davvero. Potrebbe anche non essere un giro di batteria non particolarmente ostico, ma non c’è ragione per cui non possa farlo in due o tre registrazioni. Quando si comincia però, ho sempre dei dubbi sul fatto di poterlo fare velocemente ed in modo efficiente e suonare davvero bene. È bello sorprendersi di sé stessi.”

Dato che innanzitutto non sei un batterista, all’inizio non era come avere altri quattro batteristi nella stanza – la band e il produttore – che ti dicevano ‘fallo così?
“Parliamo sempre molto delle parti eseguite da ognuno di noi dato che la canzone deve funzionare bene, è la cosa più importante, dare supporto alla canzone. Quindi spesso succede che ci si dice, ‘Perché non provi a fare così?’ o ‘E cosa ne pensi di questo?’ oppure, questo è un po’ troppo complicato, senza colore, possiamo provare questo o quello, ma sempre in senso positivo, sai? Ci divertiamo ad esplorare e provare nuove cose, cercando di ispirarci a vicenda e aiutandoci l’un l’altro per creare qualcosa di nuovo. Trovo sia davvero utile. Non posso affidarmi in modo assoluto alle mie orecchie durante una registrazione in studio, non so nemmeno dire se la registrazione vada bene, si fa affidamento sulle altre persone perché te lo dicano. Ho dei bellissimi ricordi del periodo passato in studio alla fine di una registrazione, quando sei insicuro del risultato, e poi alzi lo sguardo verso i ragazzi dietro al vetro, e li vedi tutti con il pollice all’insù. È una sensazione fantastica, quindi ho deciso di affidarmi agli altri per sapere se sto svolgendo bene il mio compito.”

Quanti dei brani della band sono nati da un tuo beat o ritmo alla batteria?
“ ‘Magic’ è nata da me e da Guy. Compongo molto con il componente hardware The Maschine, è una sorta di programma per la batteria, ci gioco e sperimento. È molto facile mettere giù delle idee, sia per provarle su Maschine o per un demo o per una registrazione. A volte facciamo un esercizio tutte le mattine quando arriviamo. Chris di solito arriva all’orario di pranzo, quindi trascorriamo un paio d’ore noi tre. La chiamiamo palestra musicale – qualcuno fa un ritmo, l’altro qualche accordo, il terzo la melodia, non importa se non ne esce niente, o qualcosa di inutile o divertente, è solo un modo per esercitare i muscoli. Parecchie idee arrivano da questi momenti di esercizio. Credo che se si fa affidamento solo sulle cose che si conoscono con l’avanzare del tempo sia molto difficile migliorare.”

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Quali tracce pensi mostrino il tuo meglio o in cui ti senti così?
“Sono molto orgoglioso delle canzoni in cui tutto è ridotto alla massima essenzialità, non sono il tipo a cui piacciono le cose eccessivamente complesse, quindi considero un successo quando sono in grado di gestire anche una piccola parte, a patto che si davvero convincente. Per esempio, in canzoni come ‘Viva La Vida’ ci sono solo una campane e un tamburo, e qualche timpano, ed è così semplice. Abbiamo provato tante cose diverse per quel pezzo, 4-beat, rock-beat, di tutto – ma non hanno funzionato. Ed è uno di quei casi in cui diventa necessario eliminare tutto e spogliare la canzone per arrivare al minimo, alla sua essenzialità più vera. I violini sono già estremamente complessi così come le melodie, ho pensato che il mio contributo dovesse essere il più semplice possibile senza fronzoli, ma solo un accompagnamento alla canzone.”

Ci si potrebbe chiedere del perché allora non ci sono canzoni in cui non suoni, anche se di fatto non esistono. In una canzone come The Scientist entri successivamente, ma l’impatto è davvero forte.
“È il mio segno distintivo - aspettare, aspettare ancora...e ancora...e poi, all’ultimo momento entrare e alla fine rubare la scena!”

Quindi ovviamente non sei il tipo che esagera, ma agli inizi sei stato tentato di farlo a causa della giovinezza e dell’entusiasmo?
“Non ne sono sicuro. Ero davvero nervoso, questo si. Non ero abbastanza bravo per mettermi in mostra, il mio stile deriva in parte da questo, voler dare il maggior supporto possibile alla canzone – sia che significhi non suonare per il 75% del brano o suonare qualcosa di molto semplice. Sentivo di non dover intromettermi nella canzone. Quando sono cresciuto, la melodia è diventata la cosa più importante in una canzone per me. Più del testo e della ritmica, le canzoni sono melodie. Quindi qualsiasi cosa potessi fare per farla risaltare era quello che volevo fare. Le occasioni in cui ho provato a fare qualcosa, durante i live, solitamente non mi riusciva! Ecco il modo per gestire il problema, non preoccuparsi e fare cose semplici!”

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Adesso che hai perfezionato molto la tua tecnica, sei mai stato tentato di chiedere ai ragazzi, ‘Posso inserire un mio assolo qui?’ Presumibilmente potresti farlo...
“Non sono ancora pronto, credo. Il lavoro che faccio, con molta programmazione, occupa molte ore del mio tempo per ottenere qualcosa che sia davvero soddisfacente ma che mantenga la sua semplicità. È molto più difficile di quanto si possa pensare. È per questo che tendo a non strafare. Penso che ci sia un modo per far arrivare ciò che si vuole trasmettere, senza fare storie, questo è il vero successo per me. Quando abbiamo lavorato con Brian Eno, ci diede i 10 Comandamenti, le regole da seguire, come ad esempio ‘Thou Shalt cook like an italian (Dovete cucinare come un italiano, n.d.t.)’, il che significava pochi ingredienti di qualità cucinati in modo semplice. È inutile complicare le cose quando non è necessario, trovare qualcosa di perfetto senza troppo ‘grasso’, semplice. Non troppo-complicato, questo era il mio motto.”

“Ci sono molti loop e campionamenti nella musica dei Coldplay, come lavori sui trasduttori dal vivo?
“Noi quattro insieme possiamo arrivare ad un massimo. Non vogliamo nessun altro sul palco, ci piace essere da soli. In passato abbiamo avuto un violinista o qualche supporto al sound, ma a parte gli archi, qualche elemento per dare enfasi al suono e un paio di effetti ritmici ma tutto è eseguito il più possibile dal vivo attraverso trasduttori della batteria che cambiano per ogni canzone. Che lavorano automaticamente in ciascuna parte del brano. Per alcune la lavorazione avviene nella fase di pre-produzione con i nostri tecnici che gestiscono la MIDI (Musical Instrument Digital Interface, n.d.t.). Nella prima parte della canzone ho a disposizione un campionamento generale ed essenziale di supporto, che usiamo per potenziare il rullante, nel ritornello i battiti che entrano e seguono la stessa linea della batteria e nella seconda strofa i battiti vengono eliminati e ne entrano altri, e aggiungiamo il tamburello con battute alternate. È un lavoro da certosino, lo preferisco rispetto ad avere tutto registrato, perché almeno quando sono al rullante, anche se ci sono tre trasduttori che lavorano in contemporanea, tutto arriva al mio invece che essere separato dalla canzone.”
“Ma anche in questo caso tutto dipende da chi guarda e ascolta dal vivo. È un eterno dibattito al quale è meglio non interessarsi troppo, sulle tracce di sottofondo, le sequenze e i campionamenti, se qualcosa suona molto bene, ecco questa è la cosa più importante – e come ho detto, facciamo tutto il possibile per suonare tutto dal vivo, ci sono casi in cui è impossibile, per esempio in alcune canzoni per il modo in cui sono state scritte, per le quali cerchiamo di essere il più fedeli possibili e di non stravolgere per suonarle dal vivo. Attualmente uso due batterie elettroniche e una pedaliera con nove percussioni, ci sono molte possibilità e possiamo essere molto versatili. Trovare la strumentazione giusta è stata una ricerca molto lunga, perché doveva essere facilmente gestibile nei lunghi viaggi e doveva reggere esibizioni quotidiane. Avevamo problemi di ritardo con l’arrivo della grancassa – problemi davvero noiosi [ride] – ma quando funziona è fantastico, tutto merito del nostro ingegnere del suono che ci ha detto che potevamo mettere da parte le nostre batterie nei concerti live dato che potevamo disporre di piccole apparecchiature per aumentare davvero la potenza del sound e portarlo ad un nuovo livello.”

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Raccontaci della tua nuova apparecchiatura...
“È il nuovo Yamaha Recording Custom. Alla Yamaha sono stati davvero gentili ad aiutarmi dall’inizio. Ho suonato la batteria di legno d’acero per 10-12 anni. La mia prima è stata la Yamaha 9000, ma dal periodo di Rush Of Blood ha iniziato a piacermi modificarne le misure. Avevamo una grancassa enorme per Rush Of Blood ma successivamente ho scelto di ridurla. Durante alcuni mesi, dopo la fine delle registrazioni dell’album (A Head Full Of Dreams) prima di iniziare il tour, entravamo in studio e lavoravamo duro al suono dal vivo per riuscire a rendere il meglio possibile quello che avevamo registrato in studio, sapendo che ci saremmo esibiti negli stadi. Sentivamo che potevamo migliorare il nostro sound dal vivo. Quindi ovviamente il trasduttore ha la sua funzione, ma per il suono proveniente dalla fonte, la batteria, volevamo qualcosa che non sembrasse fuori posto insieme ai campionamenti caratterizzati da un sound più moderno. Abbiamo chiesto a Gavin [Thomas, Marketing e Product Manager delle batterie Yamaha] cosa avesse a disposizione, e abbiamo scelto la nuova batteria di acero che abbiamo accoppiato alla precedente, e poi Gavin ci disse che c’era anche la nuova Recording Custom, ancora top secret, una sorta di Progetto X. L’hanno consegnata e le abbiamo messe insieme, specialmente il tamburo, e per due o tre giorni li abbiamo suonati insieme registrando materiale e ascoltandolo su otto altoparlanti e in diverse ambientazioni, e ci sembrava fossero bilanciate, con i giusti potenza, controllo e precisione, che mancavano alla batterie in legno d’acero. C’è un po’ più di riverbero e più pienezza, ottima cosa per me, le ho usate per tanti anni, ma comunque è stata una bella esperienza provare qualcosa di nuovo rispetto alle batterie già presenti sul mercato. Anche nei blind test – Dan il nostro ingegnere del suono non sapeva distinguerle – praticamente all’unanimità suonava meglio, un sound più spesso e profondo del tamburo, e dava un bel ritmo. Gavin ci disse che potevano preparare due batterie in tempo per il tour europeo e ovviamente abbiamo colto l’occasione.”

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E le hai fatte dipingere ‘tinto a nodi’.
“Ci siamo farti consegnare solo le casse, senza finiture, e le abbiamo fatte dipingere al nostro staff del palco in modo che fossero assolutamente uniche. Sono solo due, non ce ne sono altre così. Le abbiamo rispedite per farle smaltare e rifinire, con i bordi di un bel colore oro satinato, sono meravigliose. E il sound, spero che possiate sentirlo, spacca.”

Però non hai mai ampliato il set della tua batteria.
“Non penso di avere il tempo di suonare così tanti elementi della batteria! Non saprei davvero dove metterne altri! Avevo due tom-tom all’inizio, ma alla fine ne usavo solo uno, non erano necessari entrambi.”

Ma hai diverse possibilità con le componenti elettroniche.
“Mi piace molto la versatilità, fantastiche. Direi che quasi nell’80% delle canzoni c’è il loro contributo, e a volte le uso per dei sampling, per un particolare suono che è importante nella canzone, ma allo stesso tempo, posso essere versatile, 11 cose diverse che si fondono insieme.”

Come ti prepari per i concerti di questa entità?
“Decidiamo la scaletta, circa l’80% rimane lo stesso nelle diverse date, quei pezzi che sono sempre presenti, e che funzionano, e in alcuni momenti abbiamo diverse opzioni in rotazione. Dopo aver finalizzato la setlist, c’è il sound-check, per valutare bene i nuovi pezzi e perfezionare i pezzi. Dato che lo facciamo ormai da molto tempo, mi sento un po’più vecchio...prima mi riprendevo facilmente finito il concerto, adesso devo prendermi un po’ più cura di me stesso. Arrivano gli infortuni e i problemi, credo che sia abbastanza frequente per i batteristi – è un lavoro molto fisico, e svolgendolo continuamente per 20 anni, può presentare il conto. Siamo fortunati ad avere con noi il fisioterapista, per tutti noi – abbiamo i nostri malanni e problemi che devono essere risolti! Ho un problema alla spalla al momento, che sto cercando di risolvere, mangio regolarmente, e poi mi scaldo la voce dato che canto molto nel concerto. Un’ora prima, esercizi per la voce, poi riposo...un po’ di stretching, per assicurarmi che i miei avambracci siano pronti.”

In alcune delle vostre canzoni, ‘Clocks’ o ‘God Put A Smile Upon Your Face’ o ‘Politik’, il ritmo è incessante, quindi ci vorrà molta forza e i tui polsi saranno soggetti ad un grande sforzo?
“Si certo, e nei miei avambracci si accumula così tanto acido lattico che arrivi al punto in cui non riesci più a tenere in mano le bacchette, inizi a perderne il controllo e resisti aspettando la fine della canzone, tra il mio dito e il mio pollice, quando puoi finalmente colpire i piatti! Tutto dipende dal ritmo dello show. Nell’ultimo grande tour, negli stadi con Mylo Xyloto, c’era qualcosa nelle prime cinque canzoni della setlist che semplicemente mi distruggeva, con la prima canzone, arrivare ‘freddi’ e suonare Hurts Like Heaven che è abbastanza veloce, mi metteva in difficoltà, e dovevo recuperare mentre suonavo. Ma per questo tour, dato che sono più in forma di allora, ho cercato di mantenermi in buona salute, il ritmo è meno impegnativo e dato che i pezzi più famosi sono alla fine sento di avere abbastanza benzina per rendergli giustizia. Ma negli anni passati, se si partiva in grande nei concerti, era difficile sostenerli per me, anche per il fatto che cantavo molto...in ‘Viva La Vida’ sono in piedi e colpisco la campana, il timpano e la grancassa e canto al limite della mia estensione per tutta la parte finale della canzone, è normale che mi dica ‘Cristo, che lavoraccio!’ Mi scoppiano i polmoni ma amo farlo, amo compiere quello sforzo perché viene trasferito ad un grande pubblico, che pensa ce la sta mettendo tutta, sta dando tutto quello che può – ed è questo che rende grande un concerto.”

Il tuo modo di suonare ha molta dinamica, è stato sempre un approccio voluto?
“Certe canzoni ovviamente ne beneficiano, quando la cosa funziona, basta essere concentrati, e la dinamica certamente si adatta bene a certi contesti, lo scopo è enfatizzare la canzone. Penso che la batteria sia la punteggiatura della scrittura musicale. È come rompere l’equilibrio e sottolinei certi passaggi e sai che qualcos’altro sta per arrivare, se ascolto la batteria di un brano sono in grado di capire esattamente in quale punto della canzone si è, sia quando si tratta di un hi-hat o quando sta per arrivare un cambio in base al modo in cui si suona e a quanta espressività ci si mette. È il mio lavoro, marcare quei momenti, in modo che il pubblico capisca qual è il ritornello, o la parte più tranquilla della canzone."

La prossima volta che ci vedremo – spero prima di altri 15 anni - dove ti avrà portato il tuo modo di suonare?
“È divertente sai? Prima di parlarci la scorsa volta ero arrivato al punto di decidere di prendere lezioni da Gary O’Toole (insegnante inglese di batteria). E stranamente abbiamo ricominciato a frequentarci non troppo tempo fa, durante una pausa pensai che non potevo starmene lì a fare niente. Volevo provare ad imparare qualcosa. Sono tornato da lui e abbiamo iniziato a lavorare su nuovo materiale. È un insegnante molto versatile e mi ha aiutato ad approcciare cose completamente nuove per me e mi ha aiutato dato che non so leggere la musica, e fu lui a dirmi ‘perché non impari a leggere la musica?’ Ed io pensai che mipoteva davvero essere molto utile, mi piace sapere che posso imparare nuove cose, sia nella programmazione che nell’ascolto, provare ad assorbire musica e ritmi diversi e imparare a suonarli, dato che non sempre mi viene naturale. Non sono in grado di sedermi e leggere nuovi ritmi, per esempio la bossa nova o gli imcomprensibili ritmi africani, un bravo batterista potrebbe essere capace di capirli e riprodurli – non è per niente naturale per me. Mi piace quindi essere ispirato da qualcosa per provare a portarlo in quello che faccio. Quindi non fiducioso, nell’imparare e provare a dare supporto a qualsiasi canzone che sto accompagnando.”

Stavo per chiederti di altri progetti al di fuori dei Coldplay, ma sembra che tu non abbia proprio tempo!
“È tutto molto intenso, e magnifico. Siamo davvero fortunati ad sentirci così adesso, ed essere ancora migliori amici è il più grande traguardo, a non sopportarci l’uno con l’altro.”
Effettivamente il vostro successo agli inizi è stato velocissimo e siete ancora una band dopo 15 anni...proprio questo tipo di successo e l’essere in tour senza sosta potrebbe aver messo a dura prova band meno solide.
“Questa è la testimonianza del nostro impegno e abbiamo lavorato sodo sul nostro rapporto. E allo stesso modo sulla nostra relazione musicale, abbiamo lavorato per imparare a stare sempre insieme per mesi e mesi. Rispettiamo ciò che abbiamo e faremo qualsiasi cosa per preservarlo, lavoriamo duro per questo. Sappiamo quando darci spazio l’un l’altro e quando uno di noi ha bisogno di un abbraccio ad esempio, anche se non c’è molto tempo libero. Ma è bellissimo. Siamo ancora giovani e non cambierei tutto questo per nulla al mondo.“

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Il nuovo kit Yamaha RC
Gavin Thomas, il product marketing Manager delle batterie Yamaha parla della batteria di Will
Quando hai iniziato a lavorare con Will?
“Nel 2001, Parachutes era appena stato pubblicato. Suonava giù strumentazione Yamaha quindi fu tutto naturale, ma erano in giro per tantissimi festival e per la promozione dell’album, avevano bisogno di un supporto, è così che il nostro rapporto è iniziato. È un onore aver lavorato con Will, Bash e i Coldplay per così tanti anni.”

Will conosce bene ciò che vuole dalla sua batteria?
“Non ho realizzato quanto lo sapesse fino a quando non abbiamo lavorato sulla messa a punto della suo nuova batteria, certamente sa ciò che vuole dal punto di vista del suono e come funziona sia in studio che dal vivo. E deve esserne consapevole, è lui dietro alla batteria di fronte a migliaia di persone ogni sera q quindi ha bisogno di avere fiducia che tutto possa funzionare.”

Parliamo della nuova batteria Recording Custom…
“L’abbiamo lanciata in gennaio. È stata progettata da Steve Gadd ed è il remake del nostro primo originale in betulla del 1975, che è storico per noi, e inaspettatamente la prima usata da Will è stata proprio la RC. Will l’ha valutata con dei test confrontandola alla sua attuale batteria e ad altre due presenti sul mercato. Ha avuto una settimana per registrare e suonarle, per i blind-test, ed è stata scelta la RC, provare per credere. Dovevano partire, quindi le abbiamo ordinate senza rifiniture e la loro squadra artistica le ha dipinte e le hanno fatte smaltare da Pandalls Specialist Spray Services, e per le rifiniture metalliche [Vernon Moss, Electroplating Ltd] hanno fatto un gran lavoro. Prima della RC Will aveva una batteria ibrida che hanno usato per il SuperBowl e per parte della promozione dell’album e per i video, appena prima della fine del 2015, ha iniziato proprio con quella – si è complimentato molto per i miglioramenti sull’ultima batteria."

Will usava la batteria di acero prima, perché è passato al legno di betulla?
“L’acero è molto usato, ma la betulla ha molti più vantaggi – ha un sound molto più calibrato che non si modifica in ambienti diversi. Se suona in uno stadio o in qualsiasi altro posto, ci sono meno modificazioni nel sound, che è più diretto, agli ingegneri del suono piace molto. Ha lavorato con Dan Green (ingegnere del suono in studio e FoH (front of the house, tecnico responsabile del mixaggio del sound durante i concerti dalla sua postazione in mezzo al pubblico, n.d.t.) per assicurarsi di ottenere il sound gisuto, ed è questo il motivo per cui hanno optato per la betulla.

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Il tecnico di Will
Il tecnico della batteria Bash ci parla del sui lavoro con il batterista dei Coldplay
Da quanto tempo stai seguendo Will e come sei arrivato a lavorare con la band?
“Sono con Will da 16 anni ormai, ricevetti una chiamata dal loro tecnico delle chitarre dato che avevano bisogno di un tecnico della batteria, è così che funziona solitamente. È una bella storia, successe tutto in un weekend di lavoro, un concerto a Milano e uno in Sicilia, Parachutes balzò al numero uno delle classifiche in Sicilia, e così rimasi con loro da allora, fantastico.”

Quanto è esigente Will sulla batteria?
“È molto preciso a riguardo…non vuole che si rompa quando le colpisce di brutto!”

C’è qualcosa di particolare che ti viene richiesto?
“Devo sempre fare un doppio controllo su ogni cosa, a volte capita che provi e rompa qualcosa [ride]. Controllo tantissime volte, non so dirti quante al giorno. Posso interpretare il suo linguaggio del corpo. Posso dire se non è soddisfatto di qualcosa, è da tanto tempo che sono con lui – solitamente posso accorgermi se qualcosa non va. E riesco ad accorgermene prima e a prevederlo.

Il set-up della batteria è abbastanza semplice e questo dovrebbe rendere le cose un po’ più semplici…
“In confronto ad altri di cui mi sono occupato, certamente si. È una gran persona ma è un ‘battitore’ violentissimo – mi tiene sveglio. Ma ormai la cosa funziona! Ecco adesso che l’ho detto, tutto andrà in rovina a Wembley, sono un porta iella!”

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Le melodie di Champion
Dieci grandi pezzi di batteria dei Coldplay
Yellow, Parachutes (2001)
Non suonava la batteria da tanto tempo, ma questo è un beat grande e solido, e Will svolge bene il suo lavoro nei versi della canzone, elevandola con dei piatti ben collocati e differenziando il ritornello cambiando l’hi-hat.

In My Place, A Rush OF Blood To The Head (2002)
Il kit di Will, con i rullanti e l’hat aperto consegna un’introduzione di batteria davvero memorabile; le sue dinamiche sono così perfettamente calibrate che guida la band e l’ascoltatore attraverso le emozioni fluttuanti del brano.

Adventure Of A Lifetime, A Head Full Of Dreams (2015)
Hat a pieno regime con un solido e consistente accompagnamento del rullante e colpi che sottolineano i cambi della canzone, prima che la band la riporti a pieno ritmo e il sound di Will la concluda.

Fix You, X&Y (2005)
Una delle più belle canzoni dei Coldplay, sfidiamo chiunque a dire che non gli piace. Un grande esempio dell’autodichiarato marchio di fabbrica di Will: “Aspettare…”. Cosa sarebbe questa canzone senza questa struttura? E quando la batteria di Will entra dopo 3 minuti, IMMENSO.

Clocks, A Rush OF Blood To The Head (2002)
Dall’entrata di Will, un’ insistente rullanti guida uno degli inni più belli dei Coldplay, e continua durante il brano, inserendo poi i piatti al ritornello.

Violet Hill, Viva La Vida (2009)
Le più grandi ambizioni della band sono state rivelate con Viva La Vida, e questa traccia epica è grandiosa dal vivo – Will picchia duro, riempie il brano e con il controtempo spinge la band a dare tutto ciò che possono.

Speed Of Sound X&Y (2005)
Un raro groove riprodotto con i tom in una delle più variegate composizioni di batteria di Will; costruisce il movimento cambiando la velocità dello hi-hat e comunicando i cambiamenti di ritmo, battendo forte prima dell’arrivo del tom-fill nel pre-ritornello che aiuta la band a riempire i picchi emozionali del ritornello.

God Put A Smile Upon Your Face A Rush OF Blood To The Head (2002)
Quando Will entra con un rullante incessante e un beat dell’hat con un ritmo sincopato, il tutto è pulsante. E ancora, differenzia il ritornello con i piatti – e francamente sembra davvero stancante.

Every Teardrop Is A Waterfall, Mylo Xyloto (2011)
Tra un inno rock da stadio e una hit da discoteca, Will entra dopo un minuto con un beat house dalla grancassa prima che siano gradualmentt aggiunti i piatti e successivamente tutti gli elementi per il minuto finale di sola batteria della canzone , gloriosamente dinamico.

Charlie Brown Mylo Xyloto (2011)
Una melodia del ritornello dannatamente orecchiabile sulla chitarra si unisce ad un beat perfettamente calibrato, con Will che esce per un momento e rientra ancora per la strofa acustica, contribuendo anche in modo sinificativo ai cori.

Informazioni aggiuntive

  • Fonte: http://www.musicradar.com/news/drums/august-issue-of-rhythm-now-on-sale-640028
  • Autore: Chris Burke, foto di Joby Sessions
  • Traduzione: Elena