[Q Magazine] ¡La Vida Loca!

Secondo Chris Martin, i Coldplay non hanno ancora fatto niente di buono. Ecco perché Viva la Vida…, la rivoluzione personale del suono della band, ispirata da quadri di angurie e dagli “scones della signora Battersby”.


Chris Martin ha un sogno, fratelli e sorelle.
Sogno sempre altri musicisti”, sorride, con un battito di quegli occhi color azzurro cielo e della grandezza di un piatto a forma di mandorla. “E con gli U2 o i Radiohead succede sempre [entusiasticamente], Hey, come va? E non sono mai interessati a uscire con noi. È una sensazione permanente di essere a scuola e i bambini più grandi non vogliono giocare con te. Ehi guarda come faccio questo accordo! Lasciaci in pace. L’altra notte ho sognato i Radiohead e i Westlife. Credo che siano la perfetta miscela di quello che vogliamo fare musicalmente”.
Chris Martin è sicuramente il frontman più modesto nella storia del rock’n’roll. Se la prima cosa che ha fatto quando ha portato a casa il suo primo Grammy Award (per Miglior Album Alternativo) è stata disegnarci dei baffi finti, non dovreste rimanerne sorpresi. È il 12 Marzo 2008 e forse un po’ di nevrosi sognante è comprensibile dato che i Coldplay iniziano la scelta di quale delle 25 canzoni complete e di 16 ulteriori tracce, non mixate e in diversi stadi di lavorazione, andranno a far parte del loro quarto album atteso da tutto il mondo. Siamo ad Hampsted, Nord di Londra, nel loro studio, The Bakery, e un Martin altamente indeciso è arrivato vestito con un astuto aiuto per l’indecisione, un’austera cravatta nera e una camicia blu scuro. “Ho pensato che indossando una cravatta nera mi sarei sentito di avere almeno un po’ di autorità”, annuncia con la sua voce delicata e gentile. “Come se oggi dicendo Bene, questa è per forza una B-side, le persone potrebbero ascoltarmi”.
Sono passati tre anni da X&Y – l’album che ha venduto 10 milioni di copie e ha cementato l’ascesa dei Coldplay da accattivanti ragazzini indie alla band più grande di questo decennio – e sin dal principio abbiamo capito che la megalomania dittatoriale tipica delle rock star non è riuscita a conquistare l’anima di Chris Martin, che è così lontano dall’essere un despota tanto quanto basta per non essere nemmeno una specie di San Francesco d’Assisi. Un uomo statuario di 31 anni, è straordinariamente amichevole, profondamente gentile e irradia un eccesso di energia che potremmo definire carisma umano.

The Bakery è il quartier generale da sogno per qualsiasi musicista, comprato all’inizio del 2006 e il posto in cui “tutto” (musica, copertina, litigi, scherzi) succede per i Coldplay; uno studio completamente funzionale al piano di sotto e una lounge grande e ampia al piano superiore cosparsa di divani, valige da viaggio, una tavola da salotto rotonda fatta di legno e stampe in bianco e nero dei Beatles e dei Clash sui muri. Anche gli Altri Tre sono qui, ridacchiando alle battute di Chris e commentando, soprattutto l’affascinante ironico batterista Will Champion. Contempla il loro album “ansiosamente atteso”. “Quando non fai qualcosa da un po’ di tempo cominci a pensare. Ma veramente a qualcuno frega qualcosa?” si chiede, scherzosamente. C’è Guy Berryman, il bassista scozzese oltraggiosamente bello, che dice, “Ho corso 18 miglia stamattina”, che non sono uno scherzo; si sta allenando per la Maratona di Londra. C’è Jonny Buckland, chitarrista beato, che sorride sereno. X&Y ha sancito la fine della band che Champion ufficialmente definisce “Oldplay”, e un album che Martin adesso sente che era “troppo lungo”, che Buckland sente essere stato “finito sotto pressione [dalla casa discografica EMI], ma allora erano sotto pressione, e ancora lo sono”. Stavolta, aggiunge Buckland, la EMI non ha fatto alcuna pressione, “sono stati davvero dei grandi e ci siamo sentiti come un gruppo nuovo ancora una volta, piuttosto che qualche macchina per fare soldi”.
Giù nello studio (tradizionale a due stanze – la scintillante e tecnologica Control Room e la caotica Live Room invasa da strumenti), alcuni titoli di canzoni sono scritti a gessetto sul muro: Viva la Vida; Death Will Never Conquer; Death And All His Friends; Postcards From Far Away; Thought You Might Be A Ghost. Su una scrivania di legno c’è intagliato il messaggio: “Brian è un grande”. Dopo Parachutes nel 2000, A Rush Of Blood To The Head nel 2002 e X&Y nel 2005 i Coldplay erano pronti, dice Martin poeticamente, “a provare nuovi colori”. Arruolando Brian Eno per la produzione, un conoscente di Martin sin dal 2001, hanno passato il 2007 a correre attraverso un abbagliante spettro delle leggendarie tecniche di Eno: “ginnastica musicale”, suonare assieme senza registrare una nota; Strategie Oblique, usando il set di carte “oracolo” di Eno con scritte istruzioni per piegare la prospettiva (esempi: “Concedi un conforto della censura”, “Enfatizza le imperfezioni”, “Abbiamo bisogno di buchi?”); scambiarsi gli strumenti fra loro; abbandonare la loro tradizione di cominciare una canzone con un’idea iniziale di Martin, che il cantante ha visto come una “liberazione”, assieme a sessioni di venerdì sera di quelle che Champion chiama, “il momento dei racconti di zio Brian. Raccontaci qualcosa di bello sui Talking Heads o Bowie!” Q sgattaiola via per ascoltare nove possibili canzoni dell’album, iniziando con 42, una ipnotizzante contemplazione della morte divisa in tre parti, mentre quella preferita da Q, Chinese Sleep Chant, è caratterizzata da uno tsunami di chitarre e un tremolante campo di forza vocale di cui non si riesce a decifrare una parola. Al piano di mixaggio, Martin sta appollaiato su una sedia girevole di pelle nera e giocherella con la sua cravatta mentre il suo umore allegro comincia a disintegrasi rapidamente. Parliamo dell’apparente enfasi sulla morte dell’album.
Beh, molte persone attorno a me sono morte di recente”, dice, apertamente. “Si, sai, familiari e amici. Non voglio entrare nello specifico. Non è irrispettoso dire chi è morto? Ma la vedo sempre da un punto di vista ottimistico, cioè, Ok, bene, cosa possiamo fare prima di arrivare a quella linea in cui si timbra il cartellino di uscita, sai? Sono nate anche molte persone [tutti i Coldplay sono ora padri]. C’è molto da fare. Non abbiamo tempo da perdere. Carpe diem”.
Parliamo, inevitabilmente, delle aspettative del pubblico, delle assunzioni per cui questo album possa essere il Kid A sperimentale dei Coldplay, e lui si fa piccolo piccolo e dice “Non si può fare meglio di Kid A!”, e comunque le loro intenzioni sono all’opposto: “Voglio fare le migliori numero 1 al mondo – non ne abbiamo mai avute”. Contempliamo la posizione dei Coldplay come la miglior band al mondo e lui si fa ancora più piccolo.
Sono solo contento di scrivere”, riesce finalmente a dire. “Dopo l’ultimo album mi sono sentito come, Dio, non riesco a credere che ci siamo permessi di diventare una band così grande. E credo che ancora non abbiamo fatto niente che sia così buono. Per cui era un po’ come, Abbiamo ottenuto il lavoro, ora dobbiamo provare perché lo abbiamo ottenuto. [Mestamente] La band più insipida del mondo. Sai…E’ da due anni che non pensavo a questa cosa”.
Martin sta lottando con la mano nei ciuffi di capelli biondi. Q, a quanto pare, ha inavvertitamente portato nell’ambiente dei Coldplay le opinioni e le aspettative di un mondo esterno di cui si erano dimenticati l’esistenza.
A causa di questo posto”, dice parlando del The Bakery, “non sentiamo per niente di avere successo. O di essere odiati. Non sentiamo niente, ma, Ok, come possiamo fare per migliorare questa canzone? Io vivo a un minuto da qui. E vengo qui. Quindi…l’unica cosa che mi fa ricordare di essere in una band importante è quando mi ricordo di essere sposato con qualcuno di famoso. Qualsiasi altra cosa che accade durante il giorno è esattamente uguale a 11 anni fa. Quando ci incontravamo e suonavamo”.
Credi che la tua fama sia dovuta soprattutto al tuo matrimonio?
Beh è una fama diversa, che facciamo di tutto per evitare”.
Quindi senti, nella tua mente, di essere ancora il ragazzo dalla band indie nel video di Yellow?
Forse. Stai dicendo delle cose vere. Sei molto d’aiuto”.
Parliamo anche dell’avere a che fare con le critiche, di come si è sentito quando il New York Times ha portato avanti, nel 2005, una tesi sul perché i Coldplay fossero “la band più insopportabile del decennio” (testi autocommiserativi, sonore delusioni di grandezza, secondo lo scrittore; “Molto istruttivo”, dice Martin. “Ho pensato, migliorerò allora”), e se sia il suono religioso della musica che le persone trovano facile da criticare, il loro senso di importanza, un’apparente ricerca spirituale della Luce.
Non ne ho idea”, replica, con voce flebile. “Sono sicuro che sia ognuno di questi aspetti. Cosa possiamo fare? Le cose ci escono fatte così. Non credo faremo mai una musica diabolica come quella dei Rammstein. E non voglio scrivere canzoncine incomprensibili. Intendo dire…Non ci riesco. Beh, che si fottano. Cosa posso farci? Cosa vuoi che faccia?
E così Q si trova nella sconcertante posizione di cercare di rassicurare Chris Martin, vincitore di quattro Grammy Award, che ha venduto 30 milioni di album nel mondo, marito di una bellezza di Hollywood vincitrice di un Oscar, che ci sono molte più milioni di persone che amano i Coldplay rispetto a quelli che scrivono aspre tesi nel New York Times.
Beh tutte queste cose sono molto positive…[affossa la testa fra le mani] In fin dei conti sono umano!
Q gli racconta di amici in Scozia che amano quello che i Coldplay fanno, specialmente dal vivo.
E’ sempre divertente suonare in Scozia”, risponde, rincuorandosi “E’ divertente suonare in tutti i posti a cui piace cantare”.
La Scozia ama l’esperienza comune.
Beh, è il momento in cui mi sento più vivo”, dice, improvvisamente prendendo vita. “In risposta alla tua domanda, la cosa di noi che probabilmente più infastidisce le persone è l’unica cosa che riesce a farmi sentire vivo. Cantare assieme e sentire che sei lì presente. E quindi non posso scusarmi per questo. Sono andato a vedere John Williams, quello che ha scritto tutta la musica per Guerre Stellari. E hanno suonato Guerre Stellari, in una stanza con migliaia di persone in smoking. E appena la musica è partita, il posto è impazzito. Più di quanto abbia mai visto ad un concerto rock. Tutti erano completamente presi. Ad alcuni piace la sfida di avere un pubblico che non è completamente preso, ad altri invece piace fare sempre centro. Noi facciamo parte di questi ultimi. Vogliamo fare le canzoni che segnino il decennio, le canzoni importanti di questo tempo, la musica che fa avvicinare le persone e le fa sentire bene. Ecco quello che stiamo cercando di fare. Vogliamo cercare di creare nuovi punti di riferimento. E ovviamente c’è anche un certo ammontare di oppositori. Ma dobbiamo farcene una ragione. E parlarne con te me l’ha fatto capire. Ed è un bene! E’ tempo di indossare di nuovo la vecchia armatura”.

Lungo una pittoresca e vecchia viuzza di ciottoli di Londra, Brian Eno apre la porta del suo studio mentre saluta al di là della strada verso una figura nella finestra di fronte. “Sto salutando un mio amico”, sorride. “Jason Donovan”. Q scruta alla vista, per davvero, di Jason Donovan al telefono vicino alla finestra. “Non state qui a fissarlo!” rimprovera Eno e ci fa entrare velocemente.
In un grande spazio di lavoro con un soffitto altissimo, due console Apple Mac bianche vibrano su un tavolo con schermi grandi quanto una TV al plasma. Con addosso una camicia blu brillante con pois bianchi, il cervellone più conosciuto della cultura pop è, inaspettatamente un uomo eccezionalmente allegro. Negli anni della loro crescente amicizia, ha fatto capire a Chris Martin che non era più particolarmente interessato a produrre a tempo pieno per nessuno.
Quindi ciò implicava che non ero interessato”, dice “ma poi ho fatto un pranzo molto divertente con Chris e Gwyneth a casa loro. Chris disse [inizia a borbottare] Vedi, uhm, non so, forse, sai. Credo che abbiamo veramente bisogno di un aiuto per il prossimo album, qualcuno da usare come cassa di risonanza per le nostre idee, e continua così per un po’ , Forse potresti suggerirci qualcuno? E alla fine Gwyneth interrompe e dice, Guarda, perché non gli dici semplicemente che vuoi che sia lui a produrre l’album? E’ stata una cosa molto dolce. Lei è molto carina. E anche lui. In realtà sono tutte delle belle persone, affascinanti e intelligenti e se devo lavorare con delle persone è importante che mi piaccia la loro compagnia. E mi piacciono molto alcune delle loro canzoni”.
Il sound di X&Y, pensava Eno, ha sofferto di una manomissione digitale eccessiva, “anche se mi piaceva un sacco di materiale su quell’album”.
Hanno fatto un mezzo passo falso”, dice, “che spesso succede con la tecnologia digitale, taglia e cuci del tipo ProTools. Accresce la perfezione a discapito della vita secondo me. Livella tutto. Musica morta”. La sua unica intenzione con i Coldplay era di creare “vita musicale, l’unica cosa che m’importa della musica, adesso, è la vita”. A questo scopo, da non musicista, ha soprattutto “incoraggiato”, suggerendo forme libere di “sperimentazione, idee e cose stupide, alcune delle quali hanno funzionato, altre no”, strumenti orientali (Martin è ora in grado di suonare il salterio simile al zither), e ha apertamente scoraggiato qualsiasi moribondo “ethos perfezionista”. Chiedete a Eno se questo album porterà i Coldplay nel pantheon dei Grandi e lui con semplicità solleverà delle obiezioni, un po’ come farebbero i Coldplay stessi.
La storia è così donchisciottesca”, riflette, “quindi non la penso assolutamente così. Personalmente credo che alcune canzoni dei Coldplay dureranno per moltissimo tempo. Ma è la vita che dura. Quando avverti qualcuno che vive all’estremo delle sue possibilità. Ed è ciò che credo si possa percepire con questa band a volte. E credo che si percepisca molto in questo disco”.

The Bakery, 15 Aprile, 2 del pomeriggio. “Ho qualcosa da dirti”, annuncia Chris Martin, “ma vieni qui fuori perché è un po’ bagnato”.
Indugiamo sulla scala che porta alla lounge.
Hai influenzato direttamente l’album”.
Davvero?
Con l’ordine delle canzoni e anche un po’ della sequenza. Dopo aver parlato con te, era ovvio che non avevamo ancora trovato l’ordine giusto. Era molto incentrato sulla morte all’inizio e non è il messaggio che vogliamo far arrivare. È come il montaggio di un film. Quindi è stato molto utile. Quindi grazie”.
Prego. Allora mi attendo un po’ di soldi per i diritti.
Hur hur!” ridacchia Martin, mentre Q è molto serio su questo punto.
Oggi Chris Martin sembra quasi essere uno studente di una scuola d’arte, il suo completo con maglietta e pantaloni neri macchiato di pittura viola, i capelli che spuntano ancora di più verso l’alto. Seduto al tavolo da salotto rotondo, sta dipingendo il corpo di due chitarre acustiche che sono state ricoperte di nastro per mascherature. Sparsi attorno alle chitarre ci sono vasi di pittura e due libri sull’artista messicana dell’inizio del ventesimo secolo, Frida Kahlo (la preferita di Madonna) aperti. Oggi è un mago della parola, intento a confondere le linee tra realtà, fantasia e traiettorie art-pop di stupidaggini. Per niente considerato come un dongiovanni del rock’n’roll, è più spudorato di quanto si possa immaginare. “Oggi sono fissato per le Girls Aloud”, annuncia. “Voglio fare una cover di Call The Shots. È la combinazione dell’essere estremamente attraenti fisicamente e avere belle canzoni, è più di quello a cui ogni uomo potrebbe resistere. Credo potrebbe essere la forma di vita definitiva”. Inventa fandonie oltraggiose, “e poi mi sono fatto una linea di coca con qualche prostituta e ho fatto sesso con Neil Tennant”, e mentre contempla il concetto di un mondo senza musica grida, “Beh, c’è sempre il sesso, quindi rimane comunque una delle cose migliori, non portatela via, per favore!” Cerca di spiegare il concetto dei suoi sforzi artistici.
In realtà non è proprio un concetto”, decide, maneggiando un pennello intriso di pittura viola. “E’ solo l’idea che tutto sia fatto in casa. Che è poi l’intento del The Bakery, che tutto quello che facciamo viene da noi. Abbiamo realizzato di essere al centro di questa grande società d’affari e quindi abbiamo pensato, Costruiremo in pratica una bancarella per le feste patronali. E faremo le nostre torte. Ed è quello che stiamo cercando di fare. Musicalmente. Fare gli scones della signora Batterbsy”. Preferisce spiegare questo, infatti, piuttosto che spiegare appieno il titolo sorprendente dell’album, Viva La Vida Or Death And All His Friends, oltre al fatto che Viva La Vida (“Evviva la Vita”) è il nome di un quadro di angurie di Frida Kahlo che la band ha scoperto in Messico all’inizio del 2007. Martin è un fan “dell’incredibile ottimismo della Kahlo; ha avuto una vita molto difficile, è stata con un busto per la schiena per tutta la vita ed è stata molto influente, coraggiosa in politica e anche molto sexy. E l’altro pezzo…[del titolo] Non voglio spiegarlo! È solo un titolo, Potrebbe chiamarsi The Frozen Chosen. O, Heroes Of The Ice-Cream Brigade. Che colore metto dopo?
Viva, come verrà chiamato, per poco non ha avuto come protagonista Kylie Minogue, che ha registrato la parte vocale per una canzone, “Kylie è fantastica”, dice sorridendo. “È come le Girls Aloud tutte in una. E poi ho accantonato la canzone. Come una pressa per pantaloni della Corby. È adesso uno di quei modelli mezzi-finiti in un garage”. Quando Kylie era nella stanza per la parte vocale, i quattro membri dei Coldplay erano, aggiunge, “così” [simula uno svenimento]. Serve Will Champion, alla fine, per spiegare il concetto dietro alla visione art-rock, una sorta di Monty Python che vanno a fare la rivoluzione in Messico, possibilmente usando una catapulta.
Le immagini che stanno alla base dell’album”, dice Champion, “sono l’idea di una rivoluzione un po’ meschina, non molto organizzata ma intensa, piena di passione e colore. L’idea di questo gruppo di persone trasandate che irrompe in un palazzo cercando di buttare per terra tutto quello che trova. Che è quasi un’analogia con il modo in cui abbiamo affrontato le registrazioni, cercando di ricostruire tutto. Fatto in casa”.
Niente a che fare con gli scones della singora Battersby, allora.
Non posso aiutarti con questa storia degli scones”.
Tornando al tavolo di legno, Martin abbandona la chitarra viola e contempla la sua popolarità ormai sovrannaturale. E’ disgustato dai tabloid, si riferisce a quelli che ci lavorano come “fascisti” e ha a lungo adottato un approccio a tolleranza zero nel parlare di Gwyneth Paltrow, sua moglie da quattro anni e mezzo, che non chiama mai per nome (i loro bambini, Apple e Moses hanno adesso 4 e 2 anni). Questo mese, la Paltrow ha annunciato in pubblico che suo marito impazzisce se parla di lui. I due vivono sia a Londra sia a New York e sono collegati al mondo dei famosi; Paltrow è amica di lunga data con Madonna e Guy Ritchie mentre Martin ha forgiato nuove amicizie nel 2006 con Kanye West e Jay-Z, con cui ha registrato delle canzoni, facendo da seconda voce per Homecoming di West e Beach Chair di Jay-Z. Lui definisce queste collaborazioni come “divertenti infedeltà”. Nel settembre del 2006 ha cantato come seconda voce per Jay-Z nel primo show hip-hop in assoluto alla Royal Albert Hall di Londra. “È andata abbastanza bene”, dice riferendosi a quella serata, “Ero con Nas e Jay-Z. Non male. Per un ragazzino posh del Devon”. Ammira lo spirito invincibile dell’hip-hop.
Molte di queste persone non sono inglesi quindi non hanno questa insicurezza intrinseca”, dice sorridendo. “E la mania di scusarsi per tutto. Andare in giro con persone che non si preoccupano di niente, ecco cosa mi piace. È un’ottima energia di cui nutrirsi, questa sicurezza. Ti rende più libero. Credo di essere molto attratto dal talento”.
C’è un ammontare esagerato di presa delle parti basse nel video di Homecoming.
Non da parte mia spero! Mi piacerebbe essere capace a farlo ma non riesco a trovare le parti basse”. Ci hai mai provato, tanto per vedere come va?
Ho provato qualsiasi cosa nella camera da letto”.
Hanno sparato a Jay-Z quando aveva nove anni, tu che facevi a quell’epoca?
Andavo in giro a sparare”, scherza magnificamente “sono cresciuto con pastori e gente che lavora nei caseifici, sai?
Hai qualche caratteristica in comune con Jay-Z?
Mi sento scemo a parlare di lui. Sembra una cosa così ridicola”.
Se gli si menziona la sua presenza al recente matrimonio di Jay-Z con Beyoncè (la coppia dovrebbe essersi sposata in segreto a New York), fa finta di non saperne niente, un po’ come Jay-Z stesso.
Che matrimonio?” dice privo di qualsiasi espressione in viso. “Non ne so niente, non ho la più pallida di cosa tu stia parlando”.
Sei amico con la star hip-hop più importante del pianeta, è una cosa eccitante.
Beh, qualcuno dovrà pure portare avanti la tradizione di Paul McCarteny e Michael Jackson con The Girl is Mine. Sai, c’è una parte di me che viene da dove provengo e che dice, Oh, non puoi farlo, essere amico di quella persona, indossare questo, sai? E se fai attenzione a tutte queste regole ti ritrovi a non poter fare niente. Non puoi leggere Country Life e basta”.
All’inizio di quest’anno un Chris Martin con un enorme cappuccio è apparso su Youtube per mezzo di un video filmato con un cellulare in un tafferuglio in cui cercava di strappare una macchina fotografica da un fotografo dopo che lui e la Paltrow avevano lasciato l’ospedale a pochi minuti di distanza l’uno dall’altra (si dice che lei avesse problemi allo stomaco, innescando speculazioni su un possibile aborto), dicendo in continuazione “devi avere un po’ di rispetto”. A volte la situazioni possono diventare sgradevoli.
L’ultima cosa che voglio fare è parlare di loro”, dice dei paparazzi, rattristato. “Ma senti, non stiamo vivendo nella Germani nazista, sai, quindi non mi lamenterò di niente. Ma dico solo che bisogna chiedere in modo cortese prima di scattare una foto…del taglio di capelli di qualcuno”.
Questa settimana, una Paltrow appena tornata al lavoro (sono dieci giorni prima che le sue scarpe con tacco a stiletto indossate per la premiere di Iron Man appaiano in prima pagina sui tabloid) ha annunciato che non si fanno mai vedere assieme in pubblico volutamente in modo da evitare commenti sulla “coppia di celebrità”.
Non è molto difficile dal punto di vista logistico?
Mi dispiace ma non ho nessuno commento da fare su questo”.
Ovviamente ti piacerebbe a volte camminare per strada con tua moglie? E i tuoi bambini? Ed essere quantomeno normale?
Beh ho i miei cereali. E il mio tagliaerba. Sono cose molto normali. Anche se non molte persone hanno cereali nel loro tagliaerba. Perché dovrei lamentarmi? Sono una rock star, non ho niente per cui potrei lamentarmi. Posso fronteggiare..qualsiasi cosa tranne la caduta dei capelli”.
Prima che se ne vada questa sera tira fuori dalla tasca dei pantaloni una sottile scatoletta d’argento grande quanto una carta di credito (è il suo portafogli, “me l’ha regalato mia moglie”), sfoglia le carte e si ferma ad una fotografia con due bambini dai capelli biondi che camminano barcollando lungo un sentiero, tenendosi per mano, con la luce del sole che si riflette sulle loro testoline dorate. Un animatore di Walt Disney, diretto da Steven Spielberg, non riuscirebbe ad ottenere un effetto di stupore migliore. “Sono i miei bimbi”, dice.
E’ bello vedere che questi bambini esistono davvero.
Veramente, sono due bambini a caso”, sorride e chiude la scatoletta.

The Bakery, 16 aprile, 2.30 del pomeriggio. Oggi, Martin è tornato ad essere un maresciallo del rock’n’roll, affaccendato tra la lounge e lo studio, cambiandosi continuamente gli abiti che ricordano l’atmosfera militare dei Clash con il loro abbigliamento sandinista. I Coldplay stanno registrando le prove per il nuovo album “per internet” e il resto della band ha ridecorato la Live Room con carta da parati e murales. Il muro dietro beige è diventato un panorama che rappresenta le cime innevate delle Alpi che si ergono dall’acqua color blu scuro, gli altri muri hanno boschi autunnali e attorno alla finestra che separa le stanze ecco la terra che si erge con uno splendore caleidoscopico in un universo stellato pitturato a mano. Sui muri le parole “VIVA” e la frase “THE KING IS DEAD” sono dipinte in rosso e nero accanto a un quadro di Woody Allen. “Prendiamo la nostra musica da lì”, dice Martin raggiante, puntando all’universo, “e i nostri testi [punta a Woody Allen] da lì”. Sopra la postazione di mixaggio ci sono foto di Jay-Z e Mozart. Attraverso una vivace cavalcata di ritmi africani che Q non ha mai sentito prima, chiamata Strawberry Swing, Martin urla un incoraggiante “suonata in modo ottimo!” e, con la voglia di continuare, “la prossima!” Oggi l’album è finalmente finito. Adesso ha un ordine completamente diverso, tre diverse canzoni (Strawberry Swing, Reign of Love e la fenomenale Life in Technicolor, la canzone strumentale d’apertura) e brilla di vita. Chinese Sleep Chant, nel frattempo, è diventata una traccia nascosta al centro dell’album, “Stiamo cercando di farci stare il più possibile”, dice scintillante Will Champion. Una Tardis dei Coldplay? “In pratica si!

La grande dicotomia di Chris Martin – angelo su una spalla e diavolo sull’altra – è, dicono tutti Gli Altri, quello che sta al centro dei Coldplay.
L’energia di Chris è quello che fa andare avanti tutto”, conclude Champion. “È uno straordinario mix di panico, paura e insicurezza, e confidenza, assoluta isteria e divertimento. E non puoi predire quale di questi due incontrerai. Lui rappresenta un microcosmo della band; incredibile sicurezza all’interno ma siamo abbastanza sorpresi quando le persone sono d’accordo con noi. Non ci aspettiamo di essere adorati”. Chiediamo a Martin da dove viene il suo dono di autolesionismo e lui snocciola una serie di teorie: suo padre (le loro personalità sono simili), gli anni della gioventù senza sesso (“credo che lasci un segno quando per ventun anni hai un’insolita mancanza di successo con le ragazze”), ma soprattutto il suo paese.
Credo sia una cosa tipicamente inglese”, risponde deciso. “Penso alla mia band allo stesso modo di Bono ma non riesco ad esprimerlo. Beh, ovviamente l’ho appena fatto. È il sentire che puoi sempre migliorarti. Che non riesco mai a raggiungere il punto in cui credo dovremmo essere. È un inseguimento continuo. Great-lag? Esattamente, soffriamo di great-lag. Siamo sempre e tre gradi di grandezza indietro rispetto a dove dovremmo essere. Questa è la mia vita. Quindi se mi siedo durante una cena e Elton John è di fianco a me, non mi sentirò molto bene perché non ho ancora scritto una Racket Man”.
Briano Eno, naturalmente, ha la teoria migliore di tutti del perché per Chris Martin – l’uomo che lui definisce “una delle persone più divertenti, ha una mente davvero veloce e associativa” – è praticamente impossibile prendersi seriamente.
Perché credo che uno viva con questa paura”, afferma. “Perché vedi cosa fa alle altre persone. Ti limita. Stavo leggendo questa cosa dello scienziato Richard Hamming [un matematico che ha lavorato sul programma nucleare durante la Seconda Guerra Mondiale, il Manhattan Project]. E lui disse che una delle caratteristiche della scienza è che quando le persone vincono dei premi importanti, come il Nobel, smettono di fare dei lavori di alto livello. E una delle ragioni è che si prendono troppo sul serio, non si preoccupano più dei piccoli problemi. Si preoccupano solo di quelli grandi e difficili. Ma molte delle cose più interessanti succedono perché ci si interessa alle piccole cose. Molte delle più grandi canzoni non derivano da persone che hanno pensato [dice in tono serio] Ora scriverò una canzone su un olocausto nucleare, derivano da persone che hanno pensato [dice in tono gioioso] Ding ding diiii..oh, questo si che va bene. E se ti prendi troppo sul serio non torni a visitare questi posti. Ti senti al di sopra. E credo che molte persone intuitivamente capiscano, senza farlo apposta, che se perdi il contatto con queste cose, l’hai perso e basta”.
Credo di non aver mai incontrato una umiltà così genuina in nessun musicista prima di Chris Martin.
No, neanch’io credo di averlo fatto”.

Venerdì, 18 Aprile, il giorno in cui la EMI pubblica Viva La Vida….nel computer di una manciata di critici nel mondo e Chris Martin si trascina verso l’entrata di vetro del cinema IMAX nel centro di Londra e sembra ancor più sconcertato del primo giorno. Oggi, è in incognito, cappuccio nero tirato su, occhi grandi come quelli di ET. “C’è stato un litigio nella band”, sussurra sconsolato. Su qualcosa di importante? “No, una cosa stupida!” dice lagnandosi. “Stiamo venendo tutti fuori da quel piccolo bozzolo in cui abbiamo vissuto finora. Ormai abbiamo liberato l’album”.
Siamo venuti a vedere il tour documentario dei Rolling Stone, Shine A Light, diretto da Martin Scorsese, come ci ha suggerito lui. Seduti verso la fine della sala, il logo dell’IMAX lampeggia sullo schermo alto 65 piedi, quasi come un messaggio personale verso gli irritabili membri dei Coldplay: “THINK BIG”. Martin tiene il cappuccio su per tutta la durata e mentre i Rolling Stones concludono ogni canzone è l’unica persona che applaude assieme al pubblico all’interno del film.
Più tardi, nel cafè dell’IMAX, è considerevolmente allegro.
Sono ispirato”, dice sorridendo. “Voglio andare in tour subito! Sono stanco di starmene rinchiuso. Quello che mi piace dei Rolling Stones è la loro confidenza e il loro sorriso sarcastico. E i vestiti. E sembrano così affiatati. Sei si sta tutti assieme, non ci sono problemi. Ecco perché vivo con la paura che mi venga detto di dover andare avanti da solo, che qualcuno della band abbandoni. Senza la tua squadra, sei fottuto. Andrò in studio lunedì e risolveremo le cose”.
Prendiamo un taxi nero verso il Nord di Londra e parliamo del perché i Coldplay sono così entusiasti dei paesaggi sonori celestiali che Q definisce Il Suono di Dio.
Non arriverei a tanto!” dice esitando. “Ma c’è un’influenza abbastanza marcata di grandi chiese. Perché siamo tutti cresciuti cantando nei cori ogni mattina. Ovvio, se ci pensi la musica che abbiamo ascoltato di più fino ai 17 anni era cantare inni a scuola ogni giorno. Non succede a tutte le persone? Nei cori?
Non da dove vengo io.
Oh, Beh in molti posti succede! Ecco le note del giorno. Ecco chi è stato espulso. Ed ecco l’inno del giorno. Il mio preferito è My Song Is Love Unknown. Come fa? Non voglio cantarlo adesso. Mi imbarazzo! [il titolo compare nel testo di A Message da X&Y] E credo che venga fuori in modo naturale perché ci è stato dato come nutrimento in modo così naturale”.
Nella canzone Viva La Vida, canti “I know Saint Peter won’t call my name”. Non andrai in paradiso?
E’ su…non sei sulla lista”, dice sorridendo. “Sono stato un bambino cattivo. Sono sempre stato affascinato dall’idea di finire la propria vita e poi essere analizzati su quello che abbiamo fatto. Ed è un tema che caratterizza molte religioni. Ecco perché le persone fanno saltare in aria gli edifici. Perché pensano di ottenere un sacco di vergini. Mi viene sempre voglia di dire, Unisciti ad una band. E’ la cosa più spaventosa che si possa dire a qualcuno. La dannazione eterna. Lo so perché l’ho studiato [ha fatto Studi sul Mondo Antico alla University College London]. Mi interessava molto. Lo so. E’ ancora piuttosto terrificante per me. E lo dico seriamente”.
E’ per questo che per te è importante essere una “buona” persona? Sei sempre stato visto come una persona molto pura.
Beh, nessuno è puro. Nessuno. Sfortunatamente. Ma è un desiderio. E la musica è una grande via di fuga da questo. Ti fa sognare di essere la persona ideale, per quanto possa sembrare banale. Ci sono un sacco di cose orrende in giro. Guidare per queste strade adesso, senza musica [fa un gesto indicando una piovigginosa Camden Town fuori dal finestrino], è un giorno grigio, le persone sono un po’ tristi. Ma se guidassi per di qua con la musica accesa, qualsiasi momento di crisi se ne andrebbe”.
E’ strano aver visto un film che si intitola Shine A Light perché il concetto di luce è sempre stato centrale per i Coldplay – nei testi, nei video e nei concerti.
Specialmente in questo album. Inizia nel buio e finisce nella luce. Un po’ come Michael Jackson”.
Martin ha un importante antenato, il suo bis-bis-nonno William Willett, l’uomo che ha inventato l’ora legale (ora conosciuta come “Bristish summer time”) agli inizi del ‘900, sconvolto da quello che vedeva come “uno spreco di luce del giorno” nei mesi estivi, e la cui casa a Bromley è commemorata da una targa blu. Questo è l’uomo che da solo ha restituito 170 ore in più di luce diurna a questo Paese ogni anno dal 1916. “E’ una storia vera”, conferma Martin. William Willett era così famoso, infatti, che Winston Churchill fece un discorso su di lui e Q ha stampato l’ultima parte da fare ascoltare a Martin. “Davvero?”, si domanda nervosamente. “Mi deluderà?
Winston Churchill: “Facciamo allora, mentre portiamo in avanti i nostri orologi per un’altra estate, un brindisi silenzioso alla memoria di William Willett..Non ha vissuto per vedere il successo che ha coronato i suoi generosi sforzi; è morto nel 1915, un anno prima dell’approvazione di questo atto durante la guerra. Ma il monumento che avrebbe desiderato è rappresentato dalle migliaia di parchi giochi pieni di giovani ogni sera durante l’estate e uno degli epitaffi più belli che chiunque possa avere: Ha donato più luce ai suoi connazionali”.
E’ proprio bello!
E credo che sia quello che anche la tua band possa fare.
Beh, da uomo emotivo quale sono, grazie. Pensavo sarebbe stata una recensione terribile. Non voglio più parlare. Sono felice. Per una volta, un commento carino. Beh, è tutto quello che m’importa, cercare di rendere il traffico o il viaggio verso il lavoro, o una notte insonne in un camping con la pioggia in Francia di qualcuno un po’ più piacevole. Perché è questo che la musica fa a me. Sai, che stia tra me e te, ti ricordi di avermi detto, Credi di fare ancora parte di una piccola band indie? La verità è che, si lo credo veramente. Ed è una cosa strana. Non sono stato una pop star in questi ultimi tempi e sto carburando per ritornare ad esserlo. E’ come indossare di nuovo il costume da Superman. Quando la smetterò di preoccuparmi di qualsiasi cosa, allora vedrò quanto è eccitante tutto questo, una vera opportunità per fare qualcosa di buono. Dopo l’ultimo album ci sentivamo così importanti e sentivamo che le cose erano così fuori dal nostro controllo che abbiamo detto, Dobbiamo tornare a lavorare in uno spazio piccolo, che è risultato essere The Bakery. E ora credo vogliamo tornare ad essere importanti. Siamo pronti a riemergere”.
Il taxi si avvicina ad una silenziosa via di villette a schiera dove vive con sua moglie e i bambini e dove si possono immaginare luccicanti sul caminetto almeno un Grammy baffuto e un Oscar leggermente bagnato di lacrime accuratamente posizionati uno vicino all’altro.
Per Chris Martin la vita è reale in questi giorni, o surreale?
Tutto è reale per me”, dice ammiccando “Perché è reale”.

Tratto da Q Magazine, Luglio 2008