[Coldplay.com] Intervista a Paris, creatore dei graffiti di MX (Parte prima)

Ciao Paris, come stai?
Bene, grazie.

Cominciamo dall'inizio: come sei entrato in contatto con i Coldplay?
In questi ultimi anni ho lavorato alla decorazione del Park al festival di Glastonbury. Misty e Reg se ne occupavano, e Misty ha lavorato con i Coldplay ai set e al video di Christmas Lights. Penso che la band stesse spargendo la voce della ricerca di un artista di graffiti.

E penso che [il co-organizzatore di Glastonbury ] Emily Eavis in realtà mi abbia suggerito a loro. Ricevetti una telefonata all'improvviso da Misty che mi chiese se mi sarebbe piaciuto lavorare con una band.

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Paris (Foto di Roadie # 42)

Non ti disse quale band?
No, non mi disse chi erano. Ma poi arrivato allo studio vidi dei box da aereo che riportavano la scritta Coldplay. Avevano già fatto qualche tentativo di graffiti. Lo capii il giorno in cui arrivai allo studio, quando vidi che ci stavano già lavorando. Ma non avevano effettivamente incontrato un artista di graffiti di persona.

Ci sono band a cui avresti detto di no?
Haha, non lo so! Ma la bellezza del progetto Coldplay sta nelle idee che stavano apportando. E' stato molto diverso per me, ma anche stimolante. Accetto qualsiasi lavoro. Ma inizialmente fui chiamato per dare loro una dimostrazione e mostrare loro come dipingere.

Come una lezione di graffiti?
Esatto. Si possono vedere graffiti e arte di strada dappertutto, ma è piuttosto raro poter vedere le persone farlo. Quindi ho spiegato tutto, avevo con me il mio portfolio, per mostrare degli esempi.

Come hai imparato?
Proprio come un bambino che cresce negli anni '80 ad Hull. Non c'era possibilità di imparare la pittura ad olio o le nature morte! Così io e i miei amici abbiamo fatto da autodidatti. In quel periodo ad Hull c'erano un sacco di edifici abbandonati, quindi li usammo per fare pratica, in luoghi dove la gente non li avrebbe visti. Ci divertivamo.

Ti chiami Paris fin dagli esordi?
Si da piuttosto giovane. Ho provato anche con un paio di altri nomi. E' come qualsiasi pseudonimo, quello giusto arriva al momento giusto. Ho fatto un viaggio per il college a Parigi che mi ha aperto gli occhi con la visione di graffiti di grandi dimensioni, con la passione e la stravaganza dello stile francese. È stato allora che ho scelto quel nome e non l'ho più cambiato. Era il 1992.

Quindi è il ventesimo anniversario di Paris-ness quest'anno?
Si! C'è qualcosa da festeggiare!

Come ti chiamavi prima di Paris?
Haha! Preferisco non dirlo. Era un po' dappertutto. E questo successe prima dell'arrivo di internet, quindi si sceglieva un magazine e ci si accorgeva che spesso qualcuno aveva lo stesso nome. E non si può avere lo stesso nome.

Hai avuto problemi con la legge in quel primo periodo?
Beh, si fa tutto il possibile per evitare i problemi. Non c'erano problemi ad Hull, perché non ne facevano una grande questione li e non abbiamo mai superato il limite e offeso qualcuno. Dipingevamo in edifici abbandonati e luoghi che erano stati lasciati a marcire per anni. Nessuno ci infastidiva e non davamo fastidio a nessuno.

E a Bristol?
Ho avuto un po' di problemi lì, ma in realtà erano solo problemi di comunicazione. Dipingemmo un muro che dissero essere stato lasciato per un murales, ma non era così. Così lo abbiamo dipinto pensando che andasse bene farlo, ma è venuto fuori che era di un poliziotto del posto, per un suo progetto. Così siamo stati mandati via. Ma non fu un situazione difficile. Solo una tirata di orecchi e delle scuse.

Hai studiato arte?
Si. Presi la strada dell'arte appena potei, dai tempi della scuola più o meno. Presi un diploma BTEC (Business and Technology Education Council, n.d.t.) e poi un HND (Higher National Diploma, n.d.t.) e poi studiai moda a Bristol. Che era in realtà solo un corso libero. A quell'età, avevo una sorta di paura delle belle arti - che credo di aver avuto per il fatto do venire da luoghi come Hull.

I tuoi genitori non sono bohemien, tipi artistici quindi?
Haha! No, direi proprio di no! Non riescono nemmeno a disegnare. Mio nonno ha dipinto alcuni acquerelli e ho un parente che è un artista piuttosto famoso di soggetti che hanno a che fare col mare. Quindi viene dalla famiglia in parte, ma non dai miei genitori.

Il graffiti è stato sempre parte di quello che hai fatto, anche quando studiavi moda?
Ha sicuramente infulenzato il mio lavoro, certo. Nell'uso dei materiali e nel modo di guardare il mondo, credo. Il graffiti per me è sempre stata una forma di espressione molto libera e semplice. Ci si può abituare a lavorare in grande ed io ho scelto sempre una via di mezzo. La vernice spray è molto veloce e vivace. Ed è stato veramente ottima per creare fantasie su stoffe o per dipingere semplicemente.

Hai lavorato su altri progetti musicali prima, giusto? Non hai lavorato ad una campagna di Robbie Williams?
Sì, nel 2006, credo. Per il suo album Rudebox. Lavorammo molto e non vedemmo nulla di ciò che avevamo fatto nella versione finale. Rankin stava fotografando e ci portarono in questo incredibile set che era come un mezzo treno della metropolitana e in realtà avevano ricreato una parte del cavalcavia Westway di Londra, solo con del legno e gesso. Lo abbiamo dipinto tutto e Rinkin ha fotografato tutto. Nella versione finale, a malapena si vedeva la nostra opera, ma è stato un gran lavoro a cui prendere parte.

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Quando dici "il nostro lavoro", parli di lavoro di squadra?
Adesso lavoro più che altro per conto mio, ma anche la mia ragazza, Milk, dipinge graffiti. E quando Coldplay mi hanno chiesto di prendere parte a grossi progetti, hanno aggiunto anche, "Potete portare qualche vostro amico". Così portai qualcuno del mio ristretto gruppo di amici. Come accadde per il video di Teardrop in cui avevamo bisogno di un sacco di gente per dipingere. Ma siamo stati sopratutto io e Milk a portare a termine i lavoro più impegnativi per i Coldplay.

Quindi, come sei passato da quella prima visita allo studio dei Coldplay per mostrare loro come lavoravi alla partecipazione al progetto?
E' stato davvero naturale. Penso si siano divertiti - tutti hanno partecipato - eravamo un gruppo piuttosto grande. Misty ci ha lavorato e credo che anche i progettisti di opere d'arte, di Tappin Gofton, vi presero parte per un po'. Fu una giornata davvero divertente. Abbiamo fatto un po 'di disegni e dipinto un po' con gli spray e poi solo una settimana dopo mi chiamarono di nuovo per andare avanti. Sembrava come se fosse una cosa divertente per loro da fare, mentre stavano registrando l'album.

Sembra che si divertano molto ad essere creativi in studio.
Assolutamente. E solo per divertirsi. Così ci lavorai ancora e poi Will mi chiese di dipingere la sua batteria e fu da quel momento che il tutto ha davvero iniziato a partire. Ricevevo queste adorabili telefonare: "Ti dispiacerebbe partecipare alla creazione della nostra copertina dell'album?" E cose del genere.

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Qualcuno dei membri della band ha mostrato una particolare attitudine per i graffiti quando stavi insegnando loro?
Tutti loro in effetti.Ci hanno preso la mano. Nella prima sessione eravamo alla Bakery e tutti presero in mano delle bombolette spray andando in giro a disegnare cose. Stavo mostrando loro gli ugelli giusti da utilizzare e i colori migliori. Ma penso che si stessero già applicando. C'erano un sacco di libri di graffiti li intorno e avevano un sacco di domande da pormi. Etano davvero molto informati. Io stavo solo aiutandoli a mettere insieme le idee.

È stata la copertina dell'albumil primo grande lavoro ufficiale che hai intrapreso per i Coldplay?

Si. E poi una volta partite le cose, tutto è accaduto spontaneamente e molto velocemente. Dipinsi la battieria di Will - una per gli Stati Uniti e una per il Regno Unito. E poi fui contattato da Tappin Gofton per la copertina dell'album. Avevano fatto un sacco di ricerca per tanto tempo. Tutte le loro idee erano incredibili e accettai subito il lavoro. Successe molto velocemente. Nel giro di circa due settimane.

Tutte le opere di questa campagna sono basate sulla stessa parete di graffiti, giusto? Che tipo di indicazioni ti sono state date?
Sì. Tappin Gofton voleva quella evoluzione della parete, qujndi alla fine ogni singolo giorno c'era un fotografo, Kate, che scattava tantissime foto macro super-dettagliate. Avevo circa venti pagine di simboli/segni da guardare. La band aveva molte cose da inserire nella parete. Ho mostrato loro come fare e poi ho aggiunto anche il mio tocco. Credo che Guy disse di voler usare dei gavettoni di vernice, così il giorno dopo arrivai con un sacco di palloncini e vernice per lanciarli contro la parete. E poi incidemmo la parete. Era incredibile. Era come una parte del muro di Berlino o qualcosa del genere.

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Ci sono così tanti dettagli in quel muro. Praticamente tutto ha un significato?
Credo di sì. Non me ne resi nemmeno conto in quel momento. Quando abbiamo fatto la copertina del disco, ovviamente non avevo sentito l'album, dato che stava per essere ancora completato e non avevo ricevuto nessuno dei testi delle canzoni. Quindi c'erano un sacco di cose che la band scriveva di cui non sapevo nulla. Si diceva, 'Scriviamo quello che vogliamo scrivere'. Furono due settimane molto intense. La band faceva le prove e arrivava o prima o dopo e andavamo a lavorare alla parete. Da allora, continuo a notare cose nuove. Ho una copia autografata dell'album sulla mia mensola del camino e mi accorgo di altri particolari - codici e numeri piccoli. Non ho messo nessun mio codice su quella parete.

Non dovremmo esplorarla per trovare un nascosto "Hi Milk"?
Haha, no!

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