[Crud Magazine] Le tracce di 'A Rush Of Blood To The Head [Crud Magazine] Le tracce di 'A Rush Of Blood To The Head

[Crud Magazine] Le tracce di 'A Rush Of Blood To The Head' - periodo AROBTTH

Possono non essere il gruppo più carismatico del mondo. Possono aver lottato febbrilmente con la stampa durante quest’estate per correggere questa opinione. Ma quello che non si può correggere tuttavia sono i fatti che stanno dietro le canzoni.

Con il nuovo album, ‘A Rush Of Blood To The Head’ pronto per la pubblicazione, ‘Crud Magazine’ ha chiesto a Chris Martin e i suoi amici di farci fare un giro fra le tracce di questo nuovo album. Ecco il risultato che è saltato agli occhi.

Politik

Chris: Ah, bella... Dovresti chiederlo a Phil, è il…come potrei definirlo? E’ il Don Filippo, il Padrino, colui che fa le cose senza che nessuno lo veda! Mi disse: ‘Oh, dovreste fare una canzone intitolata Politik.' E io gli ho risposto ‘Oh, va bene'. Semplice no? Perchè se lui dice qualcosa, la si fa, a meno che non sia qualcosa di inutile, ma ci piaceva perché sembrava dell’est…Sembra russo (risata), ho detto una stupidaggine?…Beh, immaginiamo che Politik siano le credenze e sicurezze su qualcosa, la tua politica. E’ come nel nostro ultimo album, c’era una canzone intitolata ‘Yellow’ che non era strettamente collegata al colore giallo. La validità grammaticale non è così evidente, devo ammetterlo, ma…

Jon: Concordo.

Chris: Ma ci piace. E’ stata concepita come prima canzone dell’album. Appena l’abbiamo creata ci siamo detti: ‘questa sarà la prima canzone’.

Jon: Si non c’è mai stata una canzone in particolare, è stata l’unica di cui fossimo assolutamente sicuri. Eravamo abbastanza sicuri per altre, ma di quella eravamo assolutamente sicuri, dall’inizio alla fine, dove sarebbe stata collocata.

Chris: Perchè sembrava una buona idea, per un gruppo che tutti pensano faccia canzoni acustiche, iniziare un album con un ‘bash bash bash bash’ con nessun tipo di grazia o bellezza. Sarebbe potuto essere stato suonato da un gruppo di scimmie. Se metti delle scimmie in una stanza, prima che inizino a scrivere come Shakespeare, potrebbero benissimo comporre l’inizio di Politik! Il ‘bash bash’…

In My Place

Chris: ‘In My Place' è la canzone più vecchia e più importante. Quando stavamo finendo il nostro ultimo album, ‘Parachutes', eravamo a Liverpool in questa piccola stanza che era stata molto importante per l’ultimo album e l’lp era praticamente finito, quindi stavamo già impacchettando tutto per partire. E l’album sarebbe stato pubblicato entro una settimana. E’ stata una questione di tempistica perfetta, ero seduto davanti a questo organo che un mio amico mi aveva dato in prestito, questo organo a pompa, che si suona muovendo il pedale, sai, che era stato veramente costruito per canti marinari e marinai ubriachi. Così ho pensato, ‘proviamo a suonare un canto marinaro’…non so se devo mostrarti i movimenti, ma queste note sono uscite da sole, solo che era un po’ troppo tardi nella composizione dell’ultimo album quando abbiamo scoperto cose come Jimmy Cliff e simili, come anche ‘Whiter Shade of Pale'. Non dico che sia alla pari, dico che è migliore (no, non lo dico) e così avevamo quella melodia dalla fine del primo album. Ma sapevamo che ci piaceva veramente e così è diventata il perno di questo nuovo album, attorno al quale è stato scritto tutto il resto.

God Put A Smile Upon Your Face

Guy: Quando dovevamo registrarla in studio, abbiamo litigato perchè c’era qualcosa che non andava e non ero contento di dove l’avevamo lasciata e dove volevamo lasciarla e non sapevamo dove mettere le mani. E così un bel giorno, io e Chris stavamo provando (in realtà io stavo solo provando a registrare la parte di basso) ed entrambi eravamo seduti cercando di fare un ‘brain storming’ e capire cosa non andava, così ho cercato di fare delle linee di basso un po’ diverse. Alla fine siamo arrivati ad ottenere questo motivo, che rimane sulla stessa nota piuttosto di cambiare. E’ una cosa abbastanza tecnica ma ha aggiunto un po’ di improvvisazione alla canzone e l’ha resa molto più fluida. Era un po’ più meccanica prima ed è interessante vedere come una piccola cosa come quella che abbiamo fatto riesca a cambiare totalmente le sensazioni che trasmette la canzone. E’ stato bello perchè da lì in poi è diventata una delle nostre canzoni preferite. Per poco non era stata lasciata fuori dall’album, ma adesso è una delle nostre preferite.

The Scientist

Chris: Quando io e Jon siamo andati a Liverpool in treno a Novembre, stavamo ascoltando alcune canzoni…Quante ne avevamo?

Jon: Ne avevamo buttate giù circa 8…

Chris: E c’era questa bella sensazione…e poi non so cosa stavi facendo, forse stavi suonando qualcosa alla chitarra. Io ero al pianoforte, questo pianoforte vecchio e maltrattato che era veramente scordato. E avevo appena ascoltato ‘All Things Must Pass’ di George Harrison. Mi è venuta in mente un’altra canzone che si chiama ‘Isn't It A Pity’, e lì c’è una sequenza di note circolare. E’ una grande stronzata ma ho pensato che mi sarebbe piaciuto avere una sequenza di note che gira in circolo e non sai quando finisce, e poi questa sequenza è arrivata da sola e ho pensato che fosse davvero bella. E poi la canzone è venuta fuori da sola non so da dove, e l’abbiamo registrata direttamente là, la parte di pianoforte e la parte vocale erano state fatte lo stesso giorno…ecco come l’abbiamo fatta e il momento più bello dell’intero album per me è stato quando Jonny l’ha sentita. Tre settimane dopo siamo ritornati su questa canzone. L’ho sentita attraverso questo muro, ho sentito questo riff che fa alla fine, che è diventato il pezzo che mi piace di più dell’intero album anche se probabilmente non lo riascolterei di nuovo, ma è stato un bel momento farla…

Clocks

Chris: Stavamo per consegnare l’album ma faceva schifo, e abbiamo pensato ‘oh, dobbiamo farlo’, perché volevamo pubblicarlo in quel momento e alcuni dei ragazzi della nostra casa discografica sono arrivati e in pratica tutti abbiamo deciso che dovevamo rallentare, eliminare un po’ di pressione. Phil, il nostro prestanome o quinto componente, disse: ‘Ascoltate, dovete incidere quella canzone, Clocks', perché avevo appena detto: ‘Oh, no, salviamo questa’, e così giustamente ha detto: ‘Mettete quella canzone perché è una buona canzone' e così si è salvata, ‘Clocks'. Fa ‘Ding, dong, ning, nong'. E’ arrivata dal nulla. Non so da dove ma so da dove è venuto quel pezzettino perchè lo stavo mostrando a Jonny. E’ questo il bello della nostra band. Suoni qualcosa, e pensi ‘E’ perfetto, mi piace così. Sarà così’ e poi arriva Jonny in modo elefantesco…non elefantesco, com’è la parola? Come una gazzella! Lo fa molto lentamente, ma con incredibile grazia arriva lui. Dici, ‘Vieni. Ascolta questa canzone’ e se prende una chitarra significa che gli piace ed è un bene, è un buon segno se stai suonando qualcosa e lui imbraccia la chitarra. E così ha iniziato con queste note meravigliose, e poi è venuto il coro e la canzone è esplosa, poi è arrivato Guy con la sua linea di basso, ed esplosa ancora un come una grande reazione chimica – la parte del testo è eccitante ed è stata l’ultima parte della canzone che abbiamo fatto, è stato bellissimo e divertente perché non c’era pressione su quella canzone. Avevamo pensato che non dovevamo lasciarla nell’album ma quando l’abbiamo finita ci siamo detti ‘No, questa va avanti.’

Daylight

Jon: Lo strumento all’inizio della canzone è un…

Chris: Che canzone? Daylight?

John: Daylight…è una chitarra a 12 con note scivolate, alla George Harrison…

Chris: E un sacco di corde…

Jon: E fanno tutte la stessa cosa…

Chris: Ma la cosa fantastica è – non si sente ma c’è anche una canna di cornamusa, perché quel riff è veramente difficile da suonare. Non voglio essere cattivo, ma ha dovuto lottare per suonarlo, perché aveva la melodia in testa, ma ci sono dei piccoli rumori e così quando hai imparato a suonarla perfettamente non suonava altrettanto bene, quindi è veramente una versione molto vecchia di quel riff e non sappiamo esattamente cosa ci sia veramente…

Jon: Siamo fortunati ad aver registrato molte cose appena erano state scritte, perché sennò si passa metà del tempo a cercare di ricreare il momento in cui hai scritto una cosa per la prima volta…

Chris: Con ‘Daylight’ eravamo tutti seduti in una stanza e c’era la parte del pianoforte e del cantato e ci stavamo suonando sopra. Abbiamo registrato tutto con Mark che si occupa della parte a computer. C’erano molti campionamenti, beh non campionamenti ma giri di chitarra in quella canzone. E poi ‘Daylight’ è balzata fuori. Ma non avremmo dovuto dirtelo…

Green Eyes

Chris: E’ la canzone più personale dell’album? Non so. Quando Pete Waterman ce l’ha mandata abbiamo pensato che fosse una bella canzone, basta metterci un po’ di campanellini e abbiamo la canzone numero uno a Natale. Ma Jonny disse: ‘No, facciamola acustica come fosse una vecchia canzone di Johnny Cash così possiamo fare finta di averla scritta su una ragazza che abbiamo incontrato in America…’

Jon: Sua maestà?

Chris: Che ovviamente non è la verità. Pete Waterman ha scritto una canzone su una ragazza che abbiamo conosciuto in America. Quando dico ‘noi' intendo ‘io' (risata). Ma poi ha i migliori cambiamenti di tempo, è l’unica canzone che ha quei cambiamenti di tempo della chitarra alla fine. A tutti piace Johnny Cash e abbiamo passato gran parte dell’anno scorso in America, così Guy è completamente impazzito per la musica country e così abbiamo iniziato a suonare cover di Hank Williams. Johnny ha imparato quel modo di pizzicare, e quindi volevamo usare una cosa simile.

Warning Sign

Chris: ‘Warning Sign’ è una vecchia canzone, ed è l’unica che non volevo fosse messa nell’album, ma tutti gli altri volevano…il motivo per cui non mi piace ‘Warning Sign’ è che ti fa sentire dispiaciuto per il cantante, invece io so che è stata scritta in un periodo in cui ero veramente un bastardo. Ed è questo il bello della musica, perché uno si presenta come un eroe romantico, quando in realtà nella vita reale, quella canzone era stata scritta in uno dei miei periodi in cui ero veramente una testa di c***o. Credo che Jonny sarà d’accordo con me…

Jon: Quand’è stato?

Chris: Circa …

Jon: Un anno e mezzo…

Chris: Si.

Jon: Pensavo giusto! (risata).

A Whisper

Chris: I ‘Bunnymen’ hanno avuto una grande influenza su alcune canzoni, abbiamo iniziato ad interessarci a loro, e abbiamo visto molte volte Ian McCulloch a Liverpool. Mi ha detto che il motivo per cui c’è ‘A Whisper’ nell’album è dovuto a quando mi disse ‘Chris, avete una canzone a ¾?’ e ho pensato ‘Merda, no che non ce l’abbiamo’ e così l’ho scritta di corsa. ‘Deve esserci una canzone a ¾’… ha parlato come se fosse un agente segreto che ti dice quali sono i piani.

A Rush Of Blood To The Head

Jon: Credo di aver pensato, credo che tutti noi abbiamo pensato che davvero sembrava che andasse bene con tutto il resto, che facesse come da collante per tutte le altre canzoni.

Chris: E’ una cosa impulsiva, sai, fare le cose a getto o se ti piace qualcuno dirglielo subito e alla fine va bene.

Amsterdam

Chris: Sai, quando registri, alcune canzoni vengono fatte con più attenzione di altre perchè creano molti più problemi o sei semplicemente più ansioso di farle perchè sono nuove, o per altri motivi. E ‘Amsterdam’ e ‘Green Eyes’ sono entrate quasi di soppiatto nel disco, non ci abbiamo passato molto tempo su. Sono state fatte su due piedi ed erano già a posto così. L’abbiamo registrata abbastanza velocemente, poi l’abbiamo lasciata là più o meno per 4 mesi, per poi riprenderla e mixarla.

Jon: Siamo stati veramente veloci…

Chris: Ci abbiamo messo… l’abbiamo fatta in circa… era una delle canzoni che abbiamo fatto nelle prime sessioni di registrazione ed è andata bene subito. Ed è una bella canzone. E’ l’unica canzone a cui riesco pensare in cui i versi e il ritornello sono stati scritti a più di 1000 miglia di distanza e la fine era lontana altre 1000 miglia. Credo che la parte finale sia stata scritta in Islanda. Devo ammettere che l’Islanda è un posto perfetto per scrivere musica…