[Il Mattino] I nuovi Coldplay alla ricerca del rock perduto

Il leader Chris Martin racconta l’album «Viva la vida» prodotto da Eno. Due milioni di download per il primo singolo, gratuito.

Missione compiuta. Stavolta il tanto atteso nuovo album dei Coldplay è davvero pronto e basterà un mese di pazienza per trovarlo nei negozi, dal 13 giugno. «Viva la vida or death and all his friends» doveva uscire un anno fa: poi i rinvii e qualche problema di management della Emi avevano fatto temere in una storia senza fine. Anche perché la band di Chris Martin è una delle rare realtà capace di questi tempi di far scattare la corsa all’acquisto di qualche milione copie: in tempi di crisi il fatturato del gruppo inglese può salvare da solo l’annata della multinazionale. Prova ne siano i due milioni di download portati a casa da «Violet hill», singolo scaricabile gratuitamente in rete per una settimana. E una tiratura record ha preparato il settimanale inglese «New Musical Express», che nel nuovo numero acclude in omaggio un 45 giri con «Violet hill» e «A spell a rebel yell», che uscirà domani su singolo, ma non è contenuta nell’album. «La scintilla per questo disco - spiega Martin, frontman dei Coldplay e compagno di Gwyneth Paltrow (ma corre aria di crisi, dicono gli esperti di gossip) - è stata innescata dal desiderio di uscire da un mondo in bianco e nero per entrare in uno a colori. O, se preferite, abbiamo deciso di lasciar crescere qualche erbaccia nel nostro giardino, fulminati da ”Sing (to me)”, brano ipnotico e martellante tratto dal primo album dei Blur.
Siamo stati più aperti a nuove idee e influenze, meno timorosi di sperimentare. Spesso si reprime la voglia di provare cose nuove per paura di quello che può dire la gente, noi ci siamo imposti di non lasciarci frenare da niente». Dieci brani (più una ghost track) per 42 minuti, produzione affidata a Brian Eno, in copertina il celebre quadro di Delacroix del 1831, «Liberty leading the people»: al primo ascolto «Viva la vida» appare ordinato, rigoroso, puntuale, ben ispirato e senza colpi di testa, né scarti violenti. Gli archi sottolineano con deferenza la lezione di Lennon e profumano di «I’m the walrus» e, nonostante qualche innovazione digitale, a tratti si è prigionieri del deja-entendù: scorrono segnali dei vecchi Pink Floyd in «42», gli U2 (e Eno) ritornano i mente all’ascolto di «Lovers in Japan». «Yes» offre sette minuti di architetture lievemente psichedeliche, «Reign of love» è un’incantevole ballata scura che piacerebbe al Tim Burton più gotico, «Strawberry swing» suona perfetta come colonna sonora. L’originale definizione di «Radiohead alla camomilla» meritata nel 2000 con l’esordio di «Parachutes» è, però, archiviato. Groove e ritmi elettronici convivono con crescendo di organo («Lost!«), percussioni nordafricane («Yes»), profumi di flamenco al servizio di versi che parlano di malessere e disperazione («Cemeteries of London»), sapori techno e violini cantano un’ode alle glorie perdute («Viva la vida»), senza nascondere la melanconia che ha fatto la fortuna dei quattro kids britannici. «Ci siamo sbizzarriti», garantisce il chitarrista Johnny Buckland, «il nostrro lavoro può apparire più sperimentale, ma non ci vergognamo di scrivere belle melodie». «Abbiamo ancora la fissazione di fare canzoni alla portata di tutti - conferma Martin - ma stavolta le presentiamo diversamente, attingendo a fonti musicali diversissime, dai Tinariwen ai Rammstein, da Marvin Gaye ai Radiohead, dal Golden Gate trio a Gershwin ai Blonde Redhead». Per il lancio del disco sono previsti un paio di concerti gratuiti, il 16 giugno alla London Brixton Academy, il 23 al Madison Square Garden di New York: per i dettagli consultare il sito www.coldplay.com.

Enzo Gentile, Milano.