[La Stampa] I Coldplay la band del decennio

Il nuovo album, poi il tour mondiale anche in Italia: finalmente i quattro ragazzi trovano il «loro» sound. "Viva la Vida" è la conferma che il gruppo è diventato grande

E’ un bel passo avanti rispetto al passato, non c’è dubbio, Viva la Vida or Death And All His Friends, l’annunciatissimo disco dei Coldplay. Per ansia esplicativa, il titolo mette insieme due delle dieci canzoni, accostando un quadro di Frida Kahlo e il Dottor Stranamore, ma finisce per rendere bene l’atmosfera complessiva: un po’ visionaria, un po’ gotica, un po’ fumettistica, con qualche sprazzo di spiritualità e un finale più sereno. L’uscita è prevista solo il 13 giugno prossimo, ma per le spasmodiche necessità promozionali che travagliano questo povero mondo, abbiamo potuto ascoltare l’album in anticipo, un paio di volte, consegnando cellulari e registratori, e tenendoci strette almeno le orecchie. Il buon singolo Violet Hill, ormai scaricato da Internet migliaia di volte, rappresenta con efficacia lo stile del lavoro: che, nella sua interezza, ci ricorda che cosa significhi - nell’era del ritorno al singolo e nel trionfo dell’usa-e-getta - incidere un album con aspettative di vendite stellari, senza prescindere da ambizioni culturali.

Caricati del grave fardello di band del decennio, i Coldplay hanno assunto i migliori produttori su piazza (Brian Eno, Markus Dravs e altri) e sono andati dritti verso l’operina o il concept. Hanno guardato ai Settanta con l’intro Life in Technicolor e altri interludi solo strumentali; hanno tentato di dar voce ad ansie e insicurezze della nostra epoca studiando la storia e discettando, nella dickensiana Cemeteries of London, sull’annegamento delle streghe: ne esce una grandiosa ballatona in crescendo, dai sottofondi sonori liquidi, alla Pink Floyd, numi tutelari anche in altri brani, tipo 42. È, questa, una delicata e ottima ballad che si offre in due tempi distinti: Chris Martin canta benissimo, sommesso (roba da farne lezione agli scriteriati dell’X-Factor italiano, in improvvida gara di tonsille), ragionando su temi impegnativi: «Coloro che sono morti non sono morti / Vivono nella mia testa....». Ci sono brani di ritmica serrata, come Lovers in Japan; ci sono pezzi intriganti e imprevedibili come Yes, spezzato da inserti strumentali arabescati.

Non solo i Pink Floyd riecheggiano nell’album che, talora in chiave originale, elabora il fruttifero universo rock-pop anglosassone: gli stessi Coldplay chiamano in causa i Blur per l’ispirazione di Lost, la prima ballad che hanno scritto, con un suono che sembra analogico e l’uso dell’organo. Il disco è affollato di echi: Radiohead, sottofondi ritmici di sapori irlandesi alla U2 (inevitabile, con Eno nella squadra). Ci sono certamente i violini dei Beatles, però accompagnati da ritmica techno: in Viva la Vida si discetta sugli ultimi bilanci politici di un tiranno che sta abbandonando il campo, in Strawberry Swing si cita il Perfect Day di Lou Reed, e del resto Martin esplicitamente ha parlato dei Velvet Underground come ispiratori. Il gruppo si dice già pronto a non negare qualunque altra eco ci si voglia trovare; il suo problema, in fondo, è di non aver avuto finora un sound originale, ma i musicisti paiono più tesi nella ricerca di impatto espressivo, e non si dispiacciono di confondersi con il rispettabile passato.

Otto anni fa, quando uscì Parachutes, i debuttanti Coldplay se la vedevano con Starsailor e i Mercury Rev; per alcuni motivi (comprese le nozze di Chris Martin con Gwyneth Paltrow) furono loro a decollare, lasciando gli altri al palo. Ma par di capire che mancasse finora, a loro stessi, la percezione della qualità dei dischi che andavano sfornando: questo si presenta come uno sforzo davvero grande di tenere le redini di un magma che li porti al salto definitivo di status. I componenti hanno acquistato quella che hanno chiamato «The Bakery», un vecchio fabbricato a Camden Town, sobborgo artistico a Nord di Londra ridiventato celebre per le mattane della residente Amy Winehouse e per la prima volta in fondo appaiono coesi nelle intenzioni.

E sorretti dall’immensa propaganda, senz’altro. Subito dopo l’uscita dell’album, terranno in puro stile Madonna due concerti gratuiti: uno il 16 giugno alla Brixton Academy di Londra, il secondo il 23 al Madison Square Garden di New York. Il tour passerà per l’Italia alla fine di settembre, per due concerti: in pole position Torino, Milano e Bologna.La copertina di Viva la Vida è la riproduzione del dipinto di Delacroix La Libertà guida il Popolo, del 1830, ispirato alla rivoluzione di quell’anno in Francia. Spiegano i Coldplay: «Ma noi ci abbiamo dipinto sopra, con spray e slogan. C’è stato un saccheggio, com’è avvenuto in Iraq. È l’idea che sta alla base della canzone Viva la Vida, dove i rivoluzionari bussano alle porte del palazzo».

Autore: Marinella Venegoni
Fonte: LaStampa.it