[Rockstar] La Dolce Vita

Prima del concerto

Estate 2002. Valle Giulia, Roma.
“Breve ma intenso, come tutte le storie che vorresti non finissero…” (“Rockstar”, agosto 2002). Il nostro racconto comincia da tre punti di sospensione che chiudevano la recensione del primo concerto dei Coldplay in Italia. Quella sera, tra i meno di mille spettatori paganti si percepiva - prima dello show – un mix elettrico di curiosità e diffidenza, sentimenti che accompagnano spesso chi ha fatto un exploit al debutto e ha quasi il dovere morale di confermare quelle sensazioni. Ma dopo lo show, il destino dei Coldplay era chiaro a tutti i presenti.

Il concerto dalla a alla z
Autunno 2008. PalaMalaguti, Bologna. La storia dei Coldplay è diventata parte importante del rock dell’ultimo decennio. La conferma è arrivata con il quarto album: “Viva la vida” ha rilanciato le loro credenziali con una prova di una straordinaria vivacità creativa fondata sulle doti autoriali di Martin e sulla compattezza di una band capace di mutare registro con grande abilità. Non è un caso se le due date italiane sono sold-out già da due mesi.

E la band ripaga in pieno le attese, aprendo lo show con le note di valzer del “Danubio blu” di Strauss: un invito a lasciarsi abbracciare e condurre nella danza vorticosa seguendo un movimento circolare come il ciclo della vita e della morte (tema dominante dell’ultimo disco), come la circonferenza esatta disegnata dalle punte delle lancette di un orologio (il riferimento naturale è a “Clocks”, piazzata a inizio scaletta con esiti eccellenti), come la perfezione di quell’amore che Martin sa cantare con tutti i colori di una voce mai prevedibile. E come gli schermi sferici che gravitano sulle teste degli spettatori. Se l’apertura dello show è affidata al passo marziale di “Violet hill” – uno dei brani dalla resa live migliore del loro repertorio – il primo momento di gioiosa comunione con il pubblico giunge sulle note di “In my place”, con le luci accese e il cantante che sembra non riuscire a trattenere l’entusiasmo. Chris gigioneggia senza mai strafare, strappa sorrisi di complicità (interrompendo ripetutamente il drammatico finale di “42” per voce e piano e chiedendo al pubblico “is everybody ok?”) e trasmette brividi di pura emozione quando intona le prime parole di “Fix you”. Dopo la prima metà di concerto la band scende in mezzo al pubblico su un piccolo dancefloor illuminato e alza il ritmo dello show, remixando se stessa in “God put a smile upon your face” e “Talk”. Poi il clima muta nuovamente con una suggestiva versione per voce e piano di “The hardest part” e il bonus accennato dell’inedita “Postcards from far away”. Sembra che la band voglia abbassare il ritmo e prendere tempo, prima di quello che è, palpabilmente, il momento più atteso del concerto: il coro di “Viva la vida” che è saggiamente piazzato all’inizio del brano. Quel coro è un inno alla gioia senza parole e diventa la celebrazione di un giovane sovrano che, per l’occasione, indossa una buffa corona di cartone. Peccato rinunci al trionfo di una delle sue canzoni più amate (“The scientist”) scendendo in mezzo ai sudditi – la band appare in mezzo al pubblico a sorpresa - e proponendola in una versione acustica sottotono prima di cedere il trono e il microfono al batterista Will Champion per i due minuti di “Death will never conquer”. Le ultime emozioni sono regalate da “Lovers in Japan” – con tanto di coriandoli fluorescenti che danzano nell’aria come farfalle – e dalla conclusiva “Yellow”: l’unico brano tratto dal primo album della band chiude l’ultimo cerchio rimasto aperto e ricongiunge virtualmente il finale dello show (e del nostro racconto) con quei tre punti lasciati in sospensione sei anni fa. La storia continua…

Dopo il concerto
Tra i volti soddisfatti al termine dello show si scorgono anche quello di Giuliano Sangiorgi e di una parte dei Negramaro, di Ligabue e di Cesare Cremonini. La speranza, per tutti i presenti (e per quelli rimasti fuori per mancanza di biglietti), è quella di ritrovare la band nella prossima stagione estiva, magari sotto il cielo aperto di uno stadio o di un grande festival.

di Corrado Minervini