[Il Porto Ritrovato] Coldplay, le ugole buone del pop - periodo AROBTTH

Ha la faccia sorridente di un bambinone timido Chris Martin, voce dei Coldplay, lontano anni luce dalla spocchia provocatrice di colleghi come gli Oasis. Ad ogni parola, lenta e ragionata, pare voglia dirti che i Coldplay non sono meglio di Dio, e che quel che gli importa è solo la sostanza. La sostanza dice che sono loro il presente del pop d'autore britannico, quattro ragazzi poco più che ventenni che hanno venduto con il loro album d'esordio Parachutes milioni di copie, sbaragliato i “Brit Awards” e conquistato le copertine di tutta la stampa. Ragazzi con l'aria qualunque baciati da una capacità straordinaria di creare canzoni in grado di diventare dei classici (in questo disco è incredibile l'attitudine che li avvicina agli U2 dei tempi migliori), impegnati quanto basta per rimanere con i piedi per terra. A Rush Of Blood To The Head, il nuovo disco, rappresenta l'ultima incarnazione di un fenomeno a suo modo sorprendente: l'incredibile longevità del rock inglese, apparentemente imperturbabile, perpetuamente autorigenerante. Il loro trionfale tour ha fatto tappa anche a Roma: una performance, quella a Valle Giulia ai primi di luglio, che ha sorpreso al punto di esser sembrata la cosa migliore di quest'estate 2002.

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