[NME.com] Recensione di A Head Full Of Dreams

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I Coldplay hanno fatto intendere che questo potrebbe essere l'ultimo album. Se questo fosse vero, con un po' di aiuto delle ex-mogli e del Presidente degli Stati Uniti, chiudono davvero in bellezza.

I credits del settimo album dei Coldplay spiegano molto del tipo di band che sono diventati. Duetti con Beyoncè, partecipazioni speciali di Noel Gallagher, la concessione di un audio da Barack Obama – sono poche le band che possono compiere una simile impresa, e sono ancora meno quelle che si spingerebbero così oltre da invitare la ex-moglie del loro frontman (il soggetto di un disperato e depresso album sulla loro rottura pubblicato solo l’anno scorso) e la sua nuova fidanzata per i cori. Piuttosto strano comunque, è il nome di Gallagher che spicca tra le collaborazioni: dopo la loro svolta verso la musica disco-pop-elettronica ed il modesto e miserabile insieme di ballate ‘Ghost Stories’, è passato un po’ di tempo da quando sembravano infastiditi dall’essere una ‘rock’ band, e infatti a questo proposito arriva il vecchio chitarrista degli Oasis. 

Dal punto di vista ‘divino’ e privilegiato di Chris Martin, senza dubbio tutto ciò acquista di significato: il rock è un campo di battaglia deserto ma il pop è la nuova frontiera dei Coldplay, forse la loro ultima frontiera, in base a come interpretate la sua affermazione che ‘A Head Full of Dreams’ rappresenta “il completamento di qualcosa”. In ogni caso, hanno raggiunto l’obiettivo, con una felice ispirazione e la più soddisfacente collezione di canzoni che abbiano mai scritto: l’ampio ‘range’ di generi musicali non è proprio un approccio nuovo a questa band, ma dall’estatica title track, una sognatrice espressione di meraviglia, fino alla mastodontica ‘chiamata alla ribalta’ in stile gospel-pop ‘Up and Up’, sembrano così aperti e gioiosi come mai prima d’ora. In ‘Hymn For The Weekend’, con le prime due apparizioni di Beyonce, Martin canta del “sentirsi ubriachi e drogati,” un verso che – nel suo innocuo toccare argomenti vietati ai minori di 13 anni – può essere il primo riferimento alla droga in grado di abbellire i testi di un album dei Coldplay.

L’effetto complessivo di tutta questa vivacità e positività non è molto diversa da una pillola rivestita di zucchero per sciacquare via il gusto amaro di ‘Ghost Stories’. Presi insieme, il positivo afro-pop di ‘Adventure of a Lifetime’ e ‘Fun’, con la collaborazione di Tove Lo, formano una sorta di mini-racconto con un inizio mozzafiato e una fine amichevole di una breve e rinvigorente relazione – un cambiamento ristoratore, visto che i coinvolgimenti romantici di Martin solitamente finiscono in un lamentoso torpore in chiave minore. Anche la più meditativa ‘Everglow’ – ancora una lettera aperta a Gwyneth Paltrow – sembra cantata da una luce in fondo al tunnel, con Martin che promette di restare “Brothers in blood, sisters in rhyme/ We swore on that night we’d be friends till we die.” Se ‘A Head Full of Dreams’ sarà davvero l’ultimo urrà dei Coldplay, allora se ne sono andati con una bomba di colori e catarsi.

Informazioni aggiuntive

  • Fonte: http://www.nme.com/reviews/coldplay/16355
  • Autore: Barry Nicolson
  • Traduzione: Elena