[Time.com] Review: i Coldplay compongono una Magia Tragica nel nuovo album Ghost Stories

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Sono Coldplay meno grandiosi, più delicati - nel bene e nel male

I Coldplay sono diventati la più grande band rock del mondo proprio quando questo concetto ha cominciato a sembrare antiquato. Come un commerciante rivolto al grande pubblico che vuole influenzare il mondo della moda e alla ricerca di designer esclusivi e di sfilate, Chris Martin e compagni hanno raggiunto la loro posizione di rilievo ‘distillando’ i sound dei loro predecessori e degli artisti più celebrati loro contemporanei, ottenendo iper-melodici inni da stadio.

Nei loro primi due album, Parachutes e A Rush of Blood to the Head, hanno messo in ombra il rock spesso ‘rigido’ di U2, David Bowie e Radiohead, rendendolo più gentile e di più facile ascolto; canzoni come “Yellow” e “The Scientist” hanno trovato riscontro nel grande pubblico e sono state accolte nel pop canonico quasi immediatamente. Quel sound seguì, trasformandosi, il suo logico percorso in X&Y, un ambizioso ma pomposo album che vide la band cospargere le loro composizioni con arrangiamenti di archi e flash di elettronica.

Quindi, senza più spazi da esplorare,i Coldplay ingaggiarono il leggendario produttore Brian Eno perchè li aiutasse ad allargare i loro orizzonti e ad affinare il loro sound. Il risultato fuViva La Vida or Death and All His Friends del 2008, una collezione eclettica ed abbastanza essenziale di canzoni pop che offre anche digressioni di shoegaze, Afro-pop, e crunching rock. Tre anni più tardi, Mylo Xyloto ha visto la band proseguire oltre, sulla strada del pop, rubando in egual misura dalle band indie caratterizzate sia da contenuti malinconici che energici, per creare un concept album sull’amore alla fine del mondo. Mentre il loro sound si evolveva, rimanevano punti di riferimento dell’industria musicale, nonostante melodie più accessibili di pop e hip-hop stavano diventando significativamente più importanti nella scena musicale dal punto di vista commerciale; le loro vendite sono rimaste forti, mentre molti dei loro colleghi lottavano per tenere il ritmo del mercato.

E’ giusto ricordare la storia passata della band per avvicinarsi al loro sesto album, Ghost Stories, che li trova ancora una volta ad utilizzare il loro approccio al sound, perfezionato negli anni, sebbene con materiale diverso da cui attingere. La maggior parte dell’ album suona come un avvicinamento ad uno stile popolare di musica gentile, ed emozionalmente vulnerabile che esplora i mondi interconnessi di rock, R&B, ed elettronica: gli inni ‘’boschivi’’ e distorti di Bon Iver, i ritmati confessionali di James Blake, i discorsi sussurrati dopo aver fatto l’amore degli xx (band inglese, n.d.t.). C’è una canzone, molto fuori dal coro, un pezzo martellante, quasi di elettronica dance, nato dalla collaborazione con il famoso produttore Avicii; un eccessivo 'piegarsi' a questo tipo di gusto musicale. (La collaborazione con Timbaland, “True Love,” è forse migliore.) La gelida, incoerente “Midnight” mostra in modo molto evidente questa influenza, stravolgendo il falsetto agile e morbido, che è da sempre la firma di Martin,con l'utilizzo di un vocoder che lo stratifica come un tappeto di foglie morte in una foresta, ma ci sono anche altri particolari elementi minori sparsi in tutto l’album: l’introduzione caratterizzata da un ritmo semplice ed efficace di “Magic,” le percussioni che guidano la strappalacrime “True Love,” il coro spettrale in sottofondo ad “Another’s Arms.” La voce di Martin si sposa abbastanza bene con questa nuova ed equilibrata direzione ma il deciso obiettivo di produrre melodie basate sul piano e sul ritmo mette in ombra il fidato contributo del chitarrista Jonny Buckland; gli splendenti ami a sei corde che catturavano l’ascoltatore nelle migliori canzoni dei loro primi album sono davvero pochi.

Ma nonostante il cambiamento di sound che risiede in Ghost Stories, la più importante rottura con la tradizione coldplayniana del passato è nei testi. Non essendo il tipo di persona che rifugge dai luoghi comuni o da dichiarazioni sulla sua vita e sull’amore, la recente e “consapevole separazione” di Martin da sua moglie, l’attrice Gwyneth Paltrow, ha ispirato la sua scrittura più autentica e personale fino ad oggi. I versi che aprono “Another’s Arms” racchiudono in modo davvero efficace il tono afflitto e di dolore dettagliatamente descritto: “Late night watching TV, used to be you here beside me / Used to be your arms around me, your body on my body.” Ogni canzone dell’album sembra offrire almeno una coppia di versi in rima; Martin non può evitare di raccontare la sua disperazione e il suo rammarico, di compiangere il loro fallimento, o di guardare con affetto alla magia che una volta lui e la Paltrow condividevano. La perdita di splendore che trapela da Ghost Stories — la mancanza di grandiosità, la ‘piccolezza’ — inizia ad acquistare significato in questo contesto; Martin ha ridotto il mondo dei suoi testi musicali da una dimensione più universale verso qualcosa di più personale e sottomesso, e i pezzi della band si sono alleggeriti di conseguenza.

Mentre la fine del matrimonio di Martin ha portato a testi innegabilmente convincenti, la sua esperienza personale potrebbe fargli incassare assegni che la sua esperienza di scrittore di canzoni potrebbe non riscuotere: il suo cambio di rotta dai luoghi comuni ad una dimensione di sconforto non riesce a colpire nel segno quando arriva il momento di dover prendere atto dei suoi sentimenti. E’ solo quando la sua voce, e le melodie che compongono Ghost Stories, sono capaci di sorreggere il peso delle emozioni, che l’album raggiunge quell’ importanza che ha reso i suoi predecessori album di successo planetario.

Informazioni aggiuntive

  • Fonte: http://time.com/99458/coldplay-ghost-stories-album-review/
  • Autore: Jamieson Cox
  • Traduzione: Elena