[QMagazine] Coldplay: Mylo Xyloto

Viva la vida! il sound della più grande band inglese è più vivo che mai - 5/5 (di Simon Goddard)

L'8 Luglio 2011 lo storico volo finale della Nasa del programma space shuttle ha varcato le nuvole bruciando sulla via per la Stazione Spaziale Intrenazionale orbitando a 200 miglia e rotti sopra il nostro pianeta.

La mattina seguente, come richiesto dal pilota Doug Hurley, l'equipaggio viene svegliato con Viva La Vida dei Coldplay trasmesso dal Controllo della Missione. (Houston, abbiamo un ritornello.) E straordinariamente, la band che potrebbe, se lo volesse, affermare su base statistica di essere la "più grande al mondo" dato il piazzamento dell'album padre della canzone come LP più "scaricato" di tutti i tempi, finalmente supera le preoccupazioni sulla morte, e ora rieccheggia in una scatoletta sospesa sopra a quella macchia blu chiaro, in mezzo a incomprensibilmente vasti cosmi, al momento è la più grande band di questo mondo e oltre.

Non c'è davvero esagerazione, negando o ignorando il fatto che i Coldplay siano diventati delle stelle. Nel mondo, hanno venduto più di 50 milioni di album, un problema per chi si è aggrappato al clichè ormai lungamente presente dell'ultimo decennio secondo cui i Coldplay sono dei vergognosi e noiosi bastardi che 'eruttano' pop soporifero come parte di un piano diabolico per mantenere le masse ignoranti in uno stato permanente di infima routine. (E' giusto, cinici, i Coldplay sono così radioattivamente noiosi che attirano i celebri Sturmbannfurhers di Straightsville come Brian Eno and Jay Z) Perchè, anche se, ipoteticamente, tutto finisse domani, la colonna permanente dei Coldplay è già stata eretta, una delle band di chitarre più di successo, iInglesi e non, nella storia del pop.

Mylo Xyloto - un titolo 'deliberatamente' senza significato, e anche una lettera tra le peggior scelte dei concorrenti nella storia di Countdown (show televisivo britannico di parole e puzzle, n.d.r.) - suggerisce che non finirà domani. O la prossima settimana, o il prossimo anno, o nei prossimi 5 anni. Se è statisticamente possibile per i Coldplay diventare ancora più grandi di quello che sono ora (forse solo in termini di un tour con profitti bilionari, tralasciando i giganti veterani con anni alle spalle quali U2 e Rolling Stones), il loro quinto album, come minimo, sosterrà saldamente la loro posizione imperiale per ancora molto tempo. Perchè i motivi per cui i Coldplay sono già amati da milioni di persone - con melodie che sono istantaneamente indimenticabili screziate diTechnicolor, parole semplici offerte come per agitare gli estremi sentimenti umani dell'amore e della perdita - sono qui resi più incisivi che mai. Se nel passato i Coldplay sono stati fraintesi, anche da loro stessi, come una specie di Radiohead da Tesco, dall'apertura "Senti la batteria, Fernando?" della title track (uno dei tre pezzi strumentali), Mylo Xyloto prta a casa il punto per i Coldplay che per qualche tempo sono stati i nuovi Abba: la band di persone per le quali le nozioni di rock'n'roll o di indie non si applicano più.

Correndo con l'euforico ed artigianale testimone di Viva La Vida (la canzone), gli esperti di studio Eno e Markus Dravs non si sono per nulla risparmiati nei sound stellari. Ogni verso di Chris Martin, ex vicario del pop, si prodiga in una saggezza confuciana (anche quando la sua voce passa alla profondità della divertente Wand'rin' Star di Lee Marvin all'inno emozionante per innamorati Us Against The World). L'affidabile asse piano/chitarra dei "Oldplay" fa spazio a effervescenti sintetizzatori e a corde disneyane crescenti mai paradisiache, Up with The Birds tuba dolcemente come musica della stratosfera. I riff di Jonny Buckland luccicano e divampano come piogge di meteore, mai più impetuosi come nella parte strumentale saltellante della assuefacente Charlie Brown. Il gran numero di alti cori "woah-oh" da accompagnare cantando  - specialmente nell'attuale singolo Paradise (un raccoglieotre di trofei per la TV/ una super hit da "hai quattro si") e nella martellante Princess Of China con la partecipazione di Rihanna (collaborazione forte quanto quela con Eminem in Love The Way You Lie) - barcolla sull'orlo dell'assurdo.

Questi sono i deliranti fuochi d'artificio che spuntano per primi, ma solo per la chiarezza e l'ingannevole semplicità della scrittura delle canzoni che vi sta dietro. L'insistenza di Martin sul fatto che Mylo Xyloto sia un "concept album" acquista peso narrativo, dalla rabbia resistente della canzone di apertura da Bratpack degli anni 80 (Banda Dei Monelli n.d.r.) Hurts Like Heaven, attraverso lo spirito combattivo di Every Teardrop Is A Water Fall fino all' inno del penultimo sopravvissuto pesante crescendo in Don't Let It Break Your Heart. E le migliori di queste sono gemme indipendenti: l'eterogeneo e zingaresco sound elettronico di Major Minus (il più alto momento di Buckland nell'avvicinarsi a the Edge), e anche la squisita, riposante ed acustica Tim-Hardinesca UFO. La numero uno, però è Up In Flames. La melodia più grande che abbiano mai scritto, si libra su una pianura lussureggiante di malinconia ra Song For A Guy Di Elton John e il falsetto da collasso di Bon Iver, e l'ultimìa ballata del "it's over' che evoca divina bellezza da un infernale lutto.

Contro le aspettative commerciali che poche band hanno il privilegio di soffrire, gli ABBA del 21esimo secolo hanno consegnato un album, che è perfettamente magico, la sua travolgente melodia potrebbe, può realmente essere il lavoro che le future generazioni sosterranno come termine di misura Coldplayiniana. Con il programma space shuttle della Nasa ora in pensione è improbabile che il loro sound vibri prossimamente nella orbita bassa terrestre. Ma ascoltare i momenti salienti di Mylo Xyloto sottolinea quanto sia triste questa perdita.

Questa musica che eleva, che ispira, appartiene alle stelle.