[Guardian] Coldplay a Glastonbury 2011 – Recensione

Non è facile essere la versione boy band degli U2 quando quelli veri hanno suonato la sera prima. Il chitarrista Jonny Buckland ha fatto le sue scuse in anticipo, dicendo ad NME la settimana scorsa: "Speriamo che gli U2 suonino un set di B-sides al buio".

Prima che salissero sul Pyramid stage, i Coldplay erano considerati gli headliner dimenticati di Glastonbury 2011. La sola presenza degli U2 il venerdì ha generato un intenso dibattito e la scelta di Beyoncé per la serata di domenica ha provocato strilla di gioia. Eppure una band il cui ultimo album, Viva La Vida, ha venduto quasi 7 milioni di copie nel 2008 è quasi scivolata nell'ombra.

Ma quel livello di successo non è un colpo di fortuna. I Coldplay sono una band di pop leggero e vivace, specialisti nella mancanza di specificità, di qualcosa che va bene per tutti i tipi di emozioni e che suona bene di fronte al Pyramid stage. Cosa ancora più importante, sono anche di casa, visto che questa era la terza volta da headliner in nove anni. La loro paura non è la stessa che ha colpito i quattro dublinesi.

Così dopo l'intro sinfonico e i fuochi d'artificio, a nessuno importa che la canzone d'apertura, la nuova Hurts Like Heaven, è in pratica una versione alla Walt Disney di Keep the Car Running degli Arcade Fire. E comunque è solo messa lì per far passare un po' di tempo finchè il pubblico non riesce a farsi largo nel pantano. Quello che segue da' una svolta all'atmosfera, con Yellow, spudoratamente per fare piacere al pubblico, seguita da In My Place e poco dopo da The Scientist. Anche quella funziona.

Alla fine non avrebbero dovuto fare così i modesti. Hanno certamente beneficiato di un pubblico che aveva passato un pomeriggio al sole, e che era ancora in estasi per la spettacolare performance degli Elbow, ma sono anche una proposta più cordiale e più accogliente degli U2.

Per questo non importa se hanno avuto bisogno di due tentativi per cantare la nuova canzone Us Against the World, o perchè era un po' sdolcinata. Come era giù successo nelle loro recenti performance nei festival europei, Charlie Brown è stata la nuova canzone che più ha colpito, un sicuro passo avanti rispetto alla dimenticabile Every Teardrop is a Waterfall, anche se il testo comprendeva stupidate come "correre senza freni" e "risplendere nell'oscurità."

E nonostante abbiano giocato i pesi massimi all'inizio, ne hanno tenuti molti altri di riserva, con Viva La Vida che ha vinto il premio per il coro più gioioso, almeno finchè Clocks ha dato via all'encore.

Una vittoria che in pochi avevano predetto. Chi poteva immaginarsi che una band così famosa potesse avvicinarsi di soppiatto alle persone?