I Coldplay a Glastonbury sul tetto del mondo

Quanto ha ragione Will Champion. Totalmente. Soprattutto quando dice che 'Glastonbury 2011 è stato il concerto dei Coldplay più grande di sempre'. Davanti a migliaia di spettatori pieni di sudore e fango e a miriadi di sostenitori in grado di assistere allo spettacolo musicale più importante del mondo grazie a TV ed Internet, i Coldplay salgono con pieno merito sul tetto del mondo.

E dire che le premesse riportavano uno stato d'animo della band non proprio felicissimo: tanto nervosismo, tante aspettative, perchè ad un evento del genere non si può sbagliare, non si può fallire. Invece, nel momento in cui le note della colonna sonora di Ritorno Al Futuro volgevano al termine per lasciare posto a quelle dello xilofono di MX, si era già percepito che i Coldplay avrebbero regalato una performance indimenticabile. E così è stato.

Portarsi dietro l'aspettativa della più grande attrazione di questo festival, assieme ai timori del battesimo di nuovi brani dal vivo e gli occhi degli appassionati di musica puntati addosso da ogni parte del globo non è mai facile. Anche se hai venduto 50 milioni di dischi. Anche se sei il complesso più ricercato del momento. Anche se hai dietro di te supporters che ti amerebbero anche se tu decidessi di pubblicare del mero rumore di fondo. Eppure questa infinita adrenalina ha reso i Coldplay, specie negli ultimi anni, degli 'animali da palcoscenico', e a Glastonbury si è capito che non è tutto dovuto a laser, effetti scenici e coriandoli a forma di X. E' dovuto anche alla sapienza degli arrangiamenti di un immenso Jon Buckland (finalmente e meritatamente maturato e ormai nel pieno delle proprie energie), alla sontuosità di un basso ormai infinito di un Guy Berryman rispolverato a dovere, alla poliedricità di un Will Champion factotum e fabbro alle percussioni e ad un Chris Martin che pare abbia decisamente messo a stecchetto la propria voce da eccessivi virtuosismi e da respirazioni dalle tempistiche errate.

Il tutto mescolato in pezzi vecchi e nuovi, intervallati in un modo tale da far passare all'orecchio dell'ascoltatore Charlie Brown e Us Against The World come ormai rodati oldies, ed evergreen come Shiver ed Everything's Not Lost (a proposito, da quant'è che non la facevano?) come le melodie più desiderate (ancora) del pianeta. Se da una parte la pienezza e la variabilità delle melodie delle nuove produzioni (ormai è chiaro come il sole che i Coldplay rifuggono dai ritornelli, vedi ad esempio Moving To Mars) mandano in brodo di giuggiole i nuovi fans della band che desideravano avere la conferma di un sound pieno come quello di Viva La Vida, è pur vero che basta accennare ai primissimi accordi di Yellow, alle prime note della chitarra di Shiver o agli avori di Everything's Not Lost per ritornare indietro a quei primi anni 2000, alla semplicità e complessità insieme che tante soddisfazioni hanno donato a loro e ai loro sostenitori.

Il contorno ora comincia a diventare vario: si riesce a passare da elevatissimi battiti per minuto ad una Life Is For Living priva di rimpianti in uno schiocco di dita. E l'altra sera, a Glastonbury, lo si è capito subito.

La domanda che tutti si fanno adesso è: come andrà a finire la storia? Sarà l'LP5 quella produzione in grado di rinverdire i fasti del passato e al tempo stesso rinfrescare questi ultimi mesi? Lo sapremo presto, molto presto.

Intanto i Coldplay danno un segnale forte: la loro musica è più viva che mai. Da qualsiasi punto la si ascolta. Con qualsiasi approccio, con qualunque aspettativa, con(tro) ogni previsione o pronostico, ricca delle proprie convinzioni. Quante volte in passato si è pensato che i Coldplay avevano finito l'inventiva? Oppure che la strada intrapresa era sbagliata? Eppure eccoli, capaci di pubblicare Every Teardrop Is A Waterfall e Moving To Mars nella stessa release, eccoli capaci di rischiare brani con vorticosi giri di chitarra come Hurts Like Heaven, eccoli capaci di riproporre perle da un passato che automaticamente diventa futuro (alzi la mano chi, dopo aver sentito Shiver, non vorrà risentirla ad ogni concerto e ancora e ancora).

Ultimamente abbiamo letto diversi commenti del tipo 'mmmmh, non mi piacciono più questi Coldplay', oppure 'dove sono finite le melodie alla The Scientist' e cose di questo tipo. Ieri hanno dato dimostrazione di come in un'unica notte si può assaporare l'ingenuità degli esordi, la corposità delle conferme, la sperimentazione di oggi e l'apertura a nuovi orizzonti del futuro. Tutto racchiuso in 90 minuti di show.

E tutti, dai sostenitori agli addetti ai lavori, se ne sono accorti. Ci sarà un motivo se la data era in sold out due giorni dopo l'inizio delle vendite dei biglietti. E se un certo Bono intona Yellow come un tributo...

La fiducia da riporre nei Coldplay è la stessa che ha dominato gli anni della loro carriera, quel misto di timore, eccitazione e stupore nell'ascolto che, vuoi o non vuoi, ti fa smuovere le viscere. Sempre. E Glastonbury 2011 è stato il più immenso turbinio di endorfine per chi le endorfine le stimola ogni giorno con le loro note...

Coldpatrix