Chris a Sette: "Siamo uniti, da quel primo giorno al college"

Il magazine del Corriere della Sera, Sette, ha realizzato una lunga intervista con Chris Martin che ha parlato con il giornalista Edoardo Vigna.

A poche ore dalla Finale di X Factor, che si è tenuta lo scorso 10 dicembre al Forum di Assago (Milano), dove i Coldplay si sono esibiti per la prima volta in Italia dal 2012, Chris ha fatto una chiacchierata con Vigna per Sette ora in edicola, sulla sua vita, la sua musica e il nuovo album.

"Cammino, talvolta, e mi arrivano le canzoni. Oppure mi siedo, in piena notte, al piano con la chitarra. Le sento arrivare nella mia testa e le lascio fluire fuori". Dice Chris mentre cammina. Ha insistito lui per fare l'intervista camminando. Ecco perché, spiega Chris, bisognerebbe firmare solo le canzoni "cattive": quelle che scrivi con la tecnica, magari durante un'improvvisazione con il resto della band.

Chris spiega che spesso inizia a comporre le canzoni dal titolo. Così è nata Everglow: Parlando sulla spiaggia, con un uomo con un passato da militare. Parlava di qualcosa che aveva vissuto all'estero ha inventato la parola: everglow. "Se l'è inventata mettendo insieme le mie due parole preferite di sempre: ever, sempre, e glow, risplendere: ciò che resta alla fine di qualcosa di bello. Da lì la canzone mi è venuta subito, in un fiato".

Chris spiega anche come è nata l'idea di chiedere alla sua ex moglie. Gwyneth Paltrow, di cantare in Everglow. "Quando suo padre è mancato lei mi disse che era strano, quando perdi qualcuno il tuo mondo è diverso, mentre quello intorno continua a girare normalmente. Mi colpì. In Everglow ci sono due versi che parlano proprio di questo e le ho chiesto di cantarli".C

Chris parla anche di Ghost Stories, una tappa obbligata per lui per arrivare a questo nuovo album senza pensieri reconditi: "Siamo noi al 100%. E sì, ho, abbiamo capito, che non puoi piacere a tutti. Se riesci a lasciare correre sei più libero".

Sulla solidità della band, Chris ricorda quando si sono incontrati per la prima volta, loro quattro, all'University College di Londra. Chris arrivava dalla campagna di Exeter, si era iscritto a lettere classiche. "Forse volevo seguire le orme del mio migliore amico, Phil Harvey, ma io ero meno bravo". Poi ci fu l'incontro con i ragazzi: "Ce l'ho ancora chiaro in mente: entrai in quella stanza, al college. C'erano ragazzi che fumavano spinelli e Jonny che suonava. Mi dissi: con lui puoi fare qualcosa di molto più grande di te. Ed è ciò che penso ancora di noi quattro".Chris parla anche del loro rapporto, di amici prima che colleghi: "Non abbiamo mai litigato per soldi e per i credit. Ogni brano, ogni concerto: dividiamo tutto. E firmiamo sempre insieme. Quando guardiamo alla storia delle band vediamo che la fine inizia quando si comincia a discutere per queste cose". Un modello positivo? Per Chris sono gli U2, che lavorano gli uni per gli altri.

Nell'intervista Chris si sofferma anche sulla poesia The Guest House, del mistico persiano Rumi, che nell'album compare interpretata dal poeta americano Coleman Barks. "Questo poema mi ha fatto capire come si fa a consentire a se stessi di avere emozioni, sentimenti, senza essere controllati da loro".

Chris spiega anche le ragioni dei vari feat nell'album: da Noel Gallagher, "componente di un gruppo con cui sono cresciuto, che per me è il perfetto esempio di come un gruppo di persone normali possano fare qualcosa di straordinario", a Beyonce, "lei è la prova di come un talento, che è un dono del signore, sappia esercitarsi duramente. L'ho chiamata e le ho chiesto: ci aiuteresti? In alcune canzoni è come se si parlasse dell'intervento di un angelo. Vuoi esserlo tu? Mi ha detto semplicemente sì".

Chris conclude: "La mia vita è questo, un continuo passare da una dimensione all'altra. Cerco di stare in mezzo. Senza oscillare continuamente, senza cadere".

Il numero di questa settimana di Sette è in edicola!