[NME] Intervista ai Coldplay - periodo Parachutes

Tratto da: NME
Periodo: Luglio 2000

Pochi mesi dopo aver finito i loro esami, i Coldplay si ritrovano in cima alle classifiche dei singoli contemplando le loro 'frecce' lanciate dall’album. Conversare con NME? Auguri ragazzi…
Chris Martin inciampa entrando nel pub a King’s Cross, si appoggia alla porta per non cadere e sbircia il beer garden. I suoi occhi sono iniettati di sangue, arrossati e gonfi, si strofina la barba incolta (da 3 giorni non se la fa) con la mano sporca e con le unghie mangiucchiate. Vede noi dell’NME e ci raggiunge.

'Scusate il ritardo', farfuglia, con un alito che puzza talmente tanto di alcol che ci fa rabbrividire. 'É da Glasgow che non dormo. Cazzo, non tengo più il conto dei giorni. Ma sapete com’è essere in tour, vero? Molte distrazioni, sapete che cosa intendo?'. Poi si siede, fruga nella tasca in cerca di una canna lasciata a metà e immediatamente se la accende. Un attimo dopo, si assopisce.

Ora conoscete tutti i Coldplay, vero? Annotatevi il loro nome come gli indie Westlife. I piccoli Travis. Bravi ragazzi con belle canzoni. Ragazzi acculturati con un passato così schifosamente pulito che avrebbe fatto fumare del crack a Enid Blyton. Questo è il potere dei media. E sebbene il cantante e primo autore dei testi Chris Martin in realtà non abbia un modo di presentarsi così salutare (quello di prima è un terribile scherzo!; la sua forma smagliante salta all’occhio, è schifosamente in forma) e sebbene l’album dei Coldplay sia cosi limpido, tuttavia avrebbe bisogno di essere rivisto.

'Apparentemente', sospira il batterista Will Champion, agitando il bicchiere con succo d’arancia e limonata tra i muretti di cemento del Beer Garden Lucas’ Arms nel giorno più caldo dell’anno, 'siamo tutti astemi di Oxford che non bevono, non fumano e stanno ultimando i loro esami'.

Prende una Malboro Light e si unisce al chitarrista John Buckland e a Guy Berryman nelle gioie della dipendenza da nicotina. 'Le interviste si concentrano sempre sul passato', aggiunge, 'ed è seccante perché poi ti tocca dimostrare da dove vieni'.

'In un mondo immaginario non ci sarebbe bisogno di questo', aggiunge Chris, 'il nostro problema è che abbiamo delle regole: è molto più rock’n’roll per noi essere onesti e, sapete, non abbiamo una particolare educazione. È così difficile dimostrare da dove si viene, e questo mi infastidisce'.

'È davvero meglio essere onesti riguardo a questo', dice Will. 'Non c’è niente di peggio che voler essere quello che non si è. Devi sempre essere fedele a ciò che sei. Non ci si dovrebbe sentire colpevoli delle proprie origini'.

'Il problema', aggiunge Chris, 'è che quando pronunci la parola ‘università’ sei fottuto. Insomma, non proprio fottuto, ci si passa sopra. Il nostro dilemma è che rispondiamo sempre sinceramente quando ci pongono una domanda, ma sappiamo che questo potrebbe rivelarsi come un cappio attorno al collo'.

Naturalmente, queste cose non dovrebbero contare, e alla lunga infatti non contano nulla. Ma considerata la veloce ascesa dei Coldplay nei cuori nazionali – ‘Shiver’ è entrato a forza nella Top 40 a febbraio, l’ultimo singolo ‘Trouble’ ci si aspetta che riscuota ancora più successo, mentre il loro album di imminente uscita ‘Parachutes’ è qualcosa di straordinaria e ineguagliabile bellezza – la loro sopportazione dei media andrà scemando. Non che dopo soltanto un anno di costante interesse nei loro confronti il gruppo si sia già stancato, piuttosto non riescono a comprendere a fondo le ragioni per cui il pubblico sia così interessato a loro come individui, visto che è proprio la loro musica che comunica già tutto quello che si vorrebbe sapere.

'L’unica cosa che ci fa andare avanti e che ci coinvolge è quello che gira intorno all’album', dice Chris Martin, cicalando; era da molto tempo che non incontravamo uno come lui, uno dei più ammalianti, divertenti e carismatici frontman, una personalità matura su cui concentrarsi. E queste sono le vere bombe, Chris Martin è un mattacchione.

I Coldplay non avrebbero potuto sperare in un periodo più ricco di successi, come questi ultimi sette mesi. Se lo scorso ottobre l’EP ‘The Blue Room’, il loro primo singolo da quando hanno firmato il contratto con la Parlophone nel 1999, non avesse portato il potenziale della band verso una grandezza degna uno stadio con una piena e profonda ispirazione alla tecnica di seduzione acustica e malinconica delle masse di Radiohead/Jeff Buckley, allora con le 11 'garantite' canzoni di ‘Parachutes’ ci accorgiamo che il potenziale è stato sfruttato quasi al massimo e che il suono che li distinguerà sta maturando.

Registrato poco a poco nei tour tra Settembre e Aprile ai Rockfeld Studios in Galles, in Parr Street a Liverpool e ad Highbury, a nord di Londra, e prodotto da Ken Nelson (produttore di artisti del calibro di Gomez e Badly Drawn Boy), ‘Parachutes’ è un album invaso dall’ottimismo contagioso e dall’orecchio desideroso di melodia della band.

'Non posso credere che l’abbiamo completato', dice Chris, almeno due volte.

'È stata dura', conferma Will.

'Beh, non tanto difficile come essere un minatore', dice il cantante. 'Ma parlando di musica, è stata la cosa più difficile che abbiamo mai dovuto fare, anche in termini di amicizia e impegno. È stato più un problema di sconforto. Alcune cose dell’album sono veramente buone. Ma siamo pronti ad andare avanti per la nostra strada. La cosa che più ci importa sono le canzoni, l’abbiamo sentita nel profondo questa motivazione. E questa è la priorità assoluta. Sono felice che abbiamo dato tutti noi stessi per questo. Ovviamente per ciò che riguarda la musica o le canzoni o il tempo, di quello non si è mai soddisfatti'. E se pensate che 'Yellow’ con il suo raggiante splendore sia la canzone dei Coldplay più bella con cui 'uscire', aspettate di sentire due canzoni senza eguali come ‘Don’t Panic’ e ‘Trouble’. Sicuramente, se avete assistito ai sorprendenti concerti dei Coldplay, sapete già di che cosa si sta parlando.

Ma, che dire dei paracaduti? Beh, sono solo oggetti meravigliosamente utili…
'Possono tirarti fuori da una brutta situazione' dice Chris. 'Ecco, prendi alcune delle nostre canzoni, immagina di gettarti giù da un aereo perchè vedi tutto grigio, e poi tiri il paracadute e tutto passa: ‘Ahhh, non è poi cosi male!!!’. Ma questo sono solo storielle. Lo abbiamo intitolato ‘Parachutes’ solo perché dovevamo scegliere un titolo. Ma funziona, calza a pennello. Spesso le cose migliori sono quelle in cui devi decidere in fretta, o casualmente. Un buon esempio è quando devi uscire di casa e trovare qualcosa da metterti, spesso scegli la prima cosa che sembri decente ed alla fine è ok'.

Quest’anno i Coldplay non hanno avuto molto tempo per riflettere. Stasera si esibiranno nel loro quarto - e più importante, in qualità di headliners – e ultimo concerto inglese di quest’anno al King’s Cross Scala, di fronte al solito cinico pubblico di Londra che al termine del concerto se ne andrà ‘con la botte piena e la moglie ubriaca’, con la testa che gira.
Il loro tour è iniziato a gennaio con un ingaggio per il NME Premier Tour accanto a Shack, Campag Velocet e Les Rythmes Digitales. Poi, pieni di nuove aspettative, fecero da spalla a Terris e in maggio furono da supporto ai Muse. Ma è con la loro sfilza di concerti che finalmente hanno iniziato a farsi strada.

'Ce l’abbiamo fatta! Questo è il primo tour in cui non ci abbiamo rimesso. A parte il primo spettacolo, tutti erano esauriti, esauriti, esauriti! Senza parole!' esclama Chris. 'Non ci posso credere! Sapete, siamo stati a Manchester ieri e la Student Union era deserta perché nessuno era lì, era tutto esaurito! Wow! E’ davvero eccitante!'

Chris Martin, 23 anni, non beve, non fuma e non fa uso di droghe. È piuttosto raro trovare una persona così. Gli altri? Beh, gli piace bere e giocherellare allegramente con un pacchetto di Marlboro Light, ma come band sono assolutamente contro la cocaina. E Chris ha una sorta di ardore cristiano, come se fosse ubriaco della vita e delle sue mille opportunità. Alto, solennemente impegnato e dotato di un pungente senso dell’umorismo (trasforma la sua voce in quella di un esitante Harry Hill quando descrive situazioni difficili; sta diventando leggenda la sua imitazione di Alan Partridge), Chris è cresciuto in un piccolo villaggio del Devon, Whitestone, a metà strada tra Exeter e Okehampton. Sua madre è un’insegnante, suo padre un commercialista. Ha trascorso l'adolescenza in una scuola pubblica nel Dorset (non vuole dire quale, 'sono abbastanza sincero da dire che sono stato alla scuola pubblica') ma anche 4 anni a Londra, all’University College, dove ha studiato Storia Antica e ha ‘levigato’ le ‘acca’ del suo accento. Chris ama il cricket, il nuoto e 'correre, in generale'. Se uno ci pensa, a Chris piace di tutto. Provate a informarvi sul supporto di velcro che ha sul polso e vi dirà: 'È solo per lo spettacolo. Sto cercando di imitare Jonny Greenwood'.

Fu all’University College che conobbe Will, John e Guy. Vivevano tutti nel dormitorio Ramsey Hall, suonavano tutti qualche strumento e si incontrarono ‘proprio nella banale maniera in cui si incontra qualcuno nei dormitori’. Quando si parla di loro, sono comprese tutte quelle sane abitudini come, per esempio, stare seduti nella tromba delle scale suonando le canzoni di Simon & Garfunkel e ‘quella roba tipica irlandese che solo Will conosce’. Ma va bene così, perché era proprio quello il vero motivo per cui tutti e quattro si trasferirono a Londra; Will da Southampoton, Jon dal Galles del Nord e Guy da Canterbury. Come conferma Chris, avevano tutti ‘le stesse ambizioni stile Dick Whittington: andare a Londra e fare fortuna. Più o meno. Quando vai al college e sei come una tabula rasa, nessuna sa chi sei e tu stai per decidere che farai nella vita'. I quattro composero una ‘musica profonda ed sensibile’. Autentica. Senza tempo; band come Flaming Lips, Radiohead, The Verve e Mercury Rev. 'Per certi versi', dice Will, 'siamo sempre stati influenzati da ciò che ascoltavamo'.

Due anni fa, autoprodussero il loro singolo di debutto, ‘Safety EP’ e la scorsa estate lanciarono il singolo ‘Brothers And Sisters’ per Fierce Panda. Ne derivò un’asta per accaparrarseli, vinse la Parlophone. Apprezzabilmente i ragazzi ce la misero tutta e completarono i loro esami. E ora? Ora alcuni li ritengono come ragazzi bianchi del ceto medio senza nulla da dire. E non siamo poi cosi lontani dalla realtà.

'Non sopporto parlare di questa faccenda. Non suona bene, vero?', dice Chris sorseggiando il suo succo d’arancia con limonata. 'Ci incontrammo quando stavo suonando per strada sperando di guadagnare un po’. Jon arrivò e si unì a me'.

'C’era appeso uno stupendo annuncio l’altro giorno' dice, sviando la conversazione. 'Diceva, ‘Chitarra acustica, buone condizioni, una corda rotta, 25 sterline’. Ahah!'.

Allora, Chris sei religioso?
'No'.

Sembra che tu abbia una visione umanista della vita. Un ottimismo inguaribile che si manifesta in canzoni come ‘Everything’s Not Lost’ e ‘Life Is For Living’.
'Si, ma siamo tutti così. Nessuno di noi è un cacciatore. Io mangio carne come chiunque altro. Uccidete quelle vacche. Voglio dire, non lo so. Non bevo, odio bere'.

Poi NME dice a Chris che un anagramma di Chris Martin è Mr. Christian. Ci guarda con aria colpevole.

Ti sei mai ubriacato?
'Si, un paio di volte. Abbiamo avuto una settimana di grande difficoltà ed è dipeso in gran parte da me – è stata colpa mia – non comunicavamo più. E per mettere fine a questa maledetta settimana, la peggiore settimana di sempre, decisi di farmi del male, così per sentirmi ancora più triste. È stato Guy, Guy mi ha alimentato a dovere. Non so cosa fosse, tutto quello che ricordo è che stavo suonando l’armonica per strada tentando di mangiare le sue patatine e che poi ho dormito sul pavimento del bagno in mezzo a questo strano liquido rosso. Che cos’era? Vodka e mirtilli…'
'Ribena' dice Guy.
'…e poi mi sentivo male e mi ricordo che stavo provando a dormire nella stanza di Will perché lui non c’era. E c’era un freddo cane'.
'So che è normale bere, ma io non voglio. Perchè dovrei? Alcune delle nostre canzoni più belle sono nate da quei momenti in cui stai tornando a casa quando gli altri sono fuori, solo dal fatto di sentirsi soli, tristi. Ma in realtà non è proprio così. Io mi diverto sapete? Insomma, non mi ritrovo a dire ‘Oh, stasera non bevo, mi leggo il mio libro’. Io me la spasso parecchio. Esco con le ragazze come chiunque altro'.

Chiedete ai Coldplay se pensano che sia strano che la gente ascolti quello che hanno da dire, che la gente si possa aspettare che loro abbiano qualcosa da dire, e sarete ricompensati con un lungo silenzio. Il rombo dei camion si allontana. I telefonini squillano.

'Abbandonare la musica?', chiede Chris. 'Si, si. C’è gente che ha cose molto più importanti da dire. Noi non siamo predicatori. È curioso. Ci piace leggere di quelli che fanno musica che ci piace. Ma siamo ancora giovani' (gli altri hanno 22 anni). 'Abbiamo tante cose da scoprire e molto da imparare. Leggere un’intervista di Tom Waits adesso, dopo 30 anni di carriera nella musica e mille esperienze, è affascinante. Leggere di un' altra band esordiente... bisogna farlo, ma non è poi così interessante. Sarà davvero interessante parlare con noi tra 20 anni. Vi aspettiamo'.

'Abbiamo tanta strada da fare. Non abbiamo ancora iniziato. È strano perchè non ci sono poi tante cose da dire sul nostro conto, per questo mi preoccupo, perché in fondo siamo tipi simpatici e diventiamo interessanti quando si trova il giusto modo di parlare con noi ma, sapete, mi stuferei di leggere: ‘Oh, si sono incontrati lì, sono i nuovi Radiohead? Yawn, yawn, yawn, posso andare a dormire adesso?'. Trovo estremamente noioso leggere su di noi. Ma non trovo noioso ascoltare la nostra musica o guardare i nostri spettacoli o essere coinvolti in ciò che facciamo'.

E senza farlo apposta, un furgone bianco si ferma all’improvviso. Si sente ‘Yellow’ provenire dallo stereo.

Chris scuote la testa sorridendo. 'Ascoltate la voce - troppo tranquilla. Questa è la nostra filosofia: mai soddisfatti, sempre in cerca di qualcosa di più'. Più tardi, durante il concerto, è ovvio che i Coldplay già volgono lo sguardo oltre il prossimo concerto in programma. Ancora prima che salgano sul palco, urli e grida di febbricitante attesa. E quando finalmente entrano, introducendo ‘Spies’, sono accolti da un estasiato applauso, solitamente riservato alle band con anni di esperienza alle spalle. In cima ad un palchetto da presentatore, a destra sul palco, c’è il globo illuminato dei Coldplay. Se lo portano sempre dietro ed è raffigurato nella copertina di ‘Parachutes’.

'È la nostra idea, la nostra meta, il nostro progetto' ci ha spiegato Chris poco prima.

E non potrebbe essere più adatto per rappresentare l’ambizione della band...