[Mylo Xylotour Tour Book] Intervista a Phil Harvey

"Vuoi che le persone si dimentinchino dei proprio problemi per un po'"

Phil Harvey è il quinto membro dei Coldplay, direttore creativo ed ex manager. Ci da maggiori informazioni sul processo creativo dietro al nuovo tour e si ricorda dei primi giorni della band.

Ti ricordi la prima volta che hai visto i Coldplay in concerto?
Si. E' stato il loro primo concerto come Starfish, nel Gennaio del 1998. Sono andato perchè ero loro amico. Frequentavo l'Università ad Oxford e suonavano lo stesso giorno in cui avevo un esame. Sono uscito prima della fine per prendere l'autobus per Londra, solo perchè volevo vedere il concerto.

Chris è stato tuo amico a scuola. Quindi non vi siete persi di vista nonostante abbiate frequentato l'Università in città diverse?
No. Chris ed io eravamo ancora ottimi amici. Andavo spesso a trovarlo a Londra e stavo nel suo appartamento, che condivideva con Jonny ed un altro amico, Tim Crompton.

C'è mai stata la possibilità che tu potessi far parte della band?
Non credo! Ho fatto parte di alcune band quando andavamo a scuola, ma sono stato gradualmente degradato di ruolo, finchè non mi è più stato permesso di suonare sul palco e sono stato relegato a ruoli dietro le quinte.

Quando hai capito che per i Coldplay saresti stato più di un amico che andava a vederli?
Beh, ero abbastanza impegnato nella promozione di serate nei club per studenti all'università. Quindi stavo facendo esperienza, semplice ma utile, prenotando e affittando posti a questo scopo. E verso l'inizio del 1998 Chris mi ha confidato "Oh questi promoter a Camden continuano a fregarci, portiamo cento persone e veniamo pagati 10£". Così ho deciso che avremmo prenotato un posto a Camden da soli. In realtà non avevo la più pallida idea di quello che stavo facendo, ma mi ricordo di aver telefonato al Dingwalls per chiedere quanto costava prenotare il posto, ed era 500£. Così ho detto "Ok, prenoto per il 25 Maggio". Un altro promoter aveva prenotato lì per farli suonare il 24 Maggio, quindi il mio primo lavoro come rappresentante dei Coldplay è stato telefonargli e dirgli "Non suoneremo il 24 Maggio al Dingwalls perchè organizziamo la serata da soli il giorno dopo".

Ha risposto bene a questa notizia?
Ha risposto davvero male. Mi ricordo di aver concluso quella telefonata piuttosto nervoso pensando "Merda. Sto entrando in un modo diverso". Ma il concerto è stato un grande successo. Mi pare che ci fossero 350 persone, in un posto che ne tiene 500. E i soldi che abbiamo guadagnato sono serviti per fare il Safety EP. Alcuni mesi dopo, ho deciso di lasciare l'università per fare il loro manager a tempo pieno.

Hai lasciato una delle università più prestigiose del mondo nel mezzo del tuo terzo anno di un corso da quattro anni, per fare da manager ad un band che non aveva nemmeno un contratto discografico?
Si. E' stata una decisione importante, ma in quel momento sembrava una cosa facile. Mi pare di aver lasciato l'università a Gennaio 1999 e i Coldplay sono rimasti senza contratto discografico fino ad Aprile di quell'anno. Quando ho preso la decisione non era ovviamente sicuro che avremmo avuto una lunga carriera. Ma stavo ricevendo un po' di chiamate da case discografiche, che mi interrompevano quando ero in biblioteca o a lezione. Mi ricordo di aver pensato che dovevo focalizzarmi solo su una cosa. Quindi dovevo prendere una decisione. Ed è stata una decisione abbastanza facile da prendere.

Quanti anni avevo in quel momento?
20. Mi sentivo sicuramente molto giovane. Ma penso che quando credi davvero a qualcosa - e io credevo fermamente nella band - ti da maggior confidenza e levatura. E in quel momento avevamo il Safety EP, in cui avevo investito per farne 1500 copie. Mi ricordo, mentre tornavamo a casa la sera dopo averlo registrato, di aver detto a Jonny e ad alcuni amici "Mi sento che posso andare da qualsiasi casa discografica e chiedere quello che voglio". Era ovviamente solo spacconeria. Non avevo neanche un numero di una casa discografica!

Arrivati a questo punto era chiaro che erano una band molto brava a suonare dal vivo?
Si. Sono sempre stati bravi dal vivo. Sono quattro musicisti superbi se presi individualmente, ma quando suonano assieme, diventano dei fuoriclasse.

Dopo che la band ha firmato un contratto discografico, come hanno iniziato a cambiare i concerti?
Beh, siamo sempre stati piuttosto ossessionati a renderli al meglio, e a impegnarci molto sulle scalette. Ma non sapevamo niente di produzione in quel momento. Quindi, in tutta onestà, credo che salissimo semplicemente sul palco per dare il meglio che potevamo.

Avevate il mappamondo illuminato sopra al pianoforte.
Si. Quello era la nostra grandissima trovata. Accendere e spegnere un mappamondo che avevamo comprato da WH Smith.

Sembrava una trovata fantastica a quei tempi.
Davvero. Ed era fantastico.

Come sono cresciuti per diventare la band da stadio che sono oggi?
Beh, abbiamo delle persone fantastiche nella crew. Ma molte delle idee per i concerti arrivano ancora dalla band. Spesso vediamo cose - che siano altre band o spettacoli teatrali o esibizioni artistiche - e pensiamo, "Oh, quello verrebbe bene". E' come una gazza ladra che ruba oggetti brillanti per il suo nido. Ma abbiamo anche delle fantastiche menti creative nella nostra squadra, come Misty e Paul.

Cosa fanno?
Paul è designer di produzione e mette assieme tutte le idee e disegna il concerto. Programma le luci e disegna la piantina tecnica del palco e fa i rendering al computer. Misty è la nostra designer per il palco e per il materiale scenico. Lei è lo yin allo yang di Paul. Indossa la tuta e comincia a dipingere in giro. Ha fatto dei lavori fantastici per i Take That e a Glastonbury. Ha quella sorta di creatività femminile, che ovviamente manca in un band composta solo da uomini.

Quando avete iniziato a pianificare questo tour?
Probabilmente 18 mesi fa, quando abbiamo inziato a fare l'album. Abbiamo iniziato a collezionare idee e a pensare cosa sarebbe andato bene con il tipo di musica che stavamo facendo.

I concerti dei Coldplay di solito hanno dei momenti memorabili. Cosa cercate di ottenere con cose come i coriandoli a forma di farfalla durante Lovers in Japan nel tour di Viva?
Sei sempre alla ricerca di quel momento di euforia o - per usare una parolona - trascendenza. Vuoi che le persone si dimentichino dei loro problemi per un po'. I coriandoli erano fantastici, perchè sapevi che finchè la macchina funzionava le persone sarebbero state prese alla sprovvista e sarebbe stato un bel momento.

Quando le band cominciano a suonare in posti sempre più grandi, il concerto potrebbe rivelarsi sempre meno come un'esperienza personale. Come cercate di fare in modo che ciò non accada?
Cerco sempre di immaginare come possa essere per la persona che si trova nel punto più lontano. E quando siamo in tour spesso vado nel fondo per vedere e capire com'è l'esperienza delle persone che si trovano là. Può essere difficile fare in modo che quelle persone si sentano vicine alla band, ma è una delle cose più importanti che cerchiamo di ottenere. Ad esempio, nello scorso tour, andavamo sempre in mezzo al pubblico per suonare qualche canzone su quello che chiamavamo C stage. Siamo veramente grati a chiunque compri un biglietto per uno dei nostri concerti e non pensiamo che sia una cosa dovuta nemmeno per un secondo. Vogliamo essere sicuri che si sentano apprezzati e abbiano una meravigliosa esperienza.

Hai un concerto preferito dei Coldplay?
Credo di averne circa 50 nei primi tre posti in questo momento! Ma mi è piaciuto particolarmente quando abbiamo suonato al Parc de Princes di Parigi nel 2009. E in questo tour fino ad ora, mi è davvero piaciuto quando abbiamo suonato all'Optimus festival in Portogallo. Mi pare che ero in prima fila a fare foto durante entrambi i concerti, quindi mi trovavo proprio nel punto focale di tutta l'energia e il rumore. E poi i due pubblici sono stati particolarmente fantastici.

Il pubblico fa una grande differenza?
Oh, si davvero molto. Però bisogna dire che il pubblico ha diverse reazioni anche a causa di altri fattori: la temperatura, il vento se si è all'aperto, il suono. A volte le cose vanno male con la produzione e questo fa innervosire la band, e a sua volta può avere effetti sulla sensazione generale del concerto. Fortunatamente, però, abbiamo delle persone fantastiche nella crew, che sanno quello che fanno, quindi non succede spesso.

Ti piace ancora assistere ai concerti?
Oh, assolutamente si.

Ma per alcuni anni non hanno fatto parte dei Coldplay.
Si, per quattro anni. Abbiamo pubblicato A Rush Of Blood To The Head e circa una settimana dopo sono partito in viaggio. E poi sono tornato all'università in Australia.

Perchè?
E' una domanda difficile da rispondere, perchè sembra sia successo così tanto tempo fa, ma credo che ormai ero arrivato al massimo di quello che potevo fare come manager. Forse non ero abbastanza maturo in quel momento per capirlo, ma credo che in pratica il mio talento - se possiamo definirlo tale - si basa meno sul lato economico e più su quello creativo, come una specia di co-ispiratore assieme a Chris. Che è poi quello che sto facendo adesso. Sono tornato in Inghilterra poco dopo la fine del tour di X&Y e sono ritoranto dentro a questo mondo. E devo dire che mi sto godendo ogni secondo molto più di prima!

Quindi sei contento di aver lasciato il ruolo di manager a Dave Holmes?
Oh si. Funziona perfettamente così. Dave è così importante per il successo della band. E' l'unica persona che riesco ad immaginare come manager dei Coldplay.

E tu sparirai di nuovo?
No, non è una cosa a cui sto pensando. Mi sento molto felice, soddisfatto e fortunato di far parte di tutto questo.