[Mylo Xylotour Tour Book] Intervista a Guy Berryman

Cerchiamo di far si che tutto il pubblico si senta riconosciuto. Credo che sia questa la cosa fondamentale

Guy Berryman, il bassista dei Coldplay, si ricorda dei primi concerti della band, spiega come scelgono la scaletta di un concerto e ci dice come si possa rendere più intimo un grande concerto.

Hai dei ricordi vividi dei primi concerti dei Coldplay? Devono sembrare lontani secoli.
Sembrano davvero una vita fa, ma me li ricordo bene. Stavamo ancora imparando come suonare dal vivo. Era una cosa a noi non familiare ma di cui eravamo estremamente entusiasti e nervosi allo stesso tempo. C'è un'atmosfera bellissima in quei posti quando gli amplificatori sono tenuti su da casse di birra di plastica e fai venire tutti i tuoi amici e parenti a vederti suonare. E poi, dopo un po', gente che non conosci comincia a venire, un punto di svolta davvero strano. Quindi, si, ho dei ricordi davvero belli di quei giorni.

Quanto bravi erano i Coldplay come band live a quei tempi?
Non credo fossimo performer raffinati. Avevamo solo 19 anni. Tutti suonavamo da alcuni anni a scuola prima di formare una gruppo assieme, ma nessuno di noi aveva fatto grosse esperienze. Credo fossimo un po' grossolani qua e là, ma lo sapevamo ed eravamo pronti a lavorare per diventare migliori come suonatori e musicisti. Volevamo arrivare lontano.

Chris ha lanciato barrette di cioccolata ad uno dei vostri primi concerti. Sembra che sia sempre stata una scelta deliberata quella di rendere i concerti dei Coldplay più divertenti possibile per il pubblico.
Beh, si vuole che il pubblico abbia una bella esperienza. E dopo che scopri le luci e le tecnologie che sono disponibili, le vie creative da percorrere diventano infinite.

Quindi la band è coinvolta in prima persona su come viene presentato un concerto?
Assolutamente si. Disegnamo la struttura e l'aspetto generale del palco. E poi la nostra squadra di produzione mette mano all'idea.

Il lavoro in studio è influenzato da come dovrà poi apparire dal vivo?
Credo di. Abbiamo cinque album ormai e sappiamo tutti bene che quando si fa un album poi lo si porta in tour. Ci spareremmo un po' sul piede se facessimo musica che non andasse troppo bene per essere suonata nelle arene, o forse anche negli stadi. Credo che questo sia uno dei motivi per cui abbiamo cambiato strada all'inizio del processo di registrazione di Mylo Xyloto e non abbiamo fatto un album tranquillo e acustico. Il pensiero che dovremo poi suonare il tutto dal vivo è sempre presente da qualche parte nelle nostre teste quando stiamo creando musica in studio.

Avete suonato un sacco di canzoni da Mylo Xyloto ai festival prima di aver finito l'album. Vi ha aiutato?E quelle canzoni sono state cambiate?
Credo che quando si suona una nuova canzone dal vivo e non è ancora finita, riesci quasi a sentirlo attraverso le orecchie delle altre persone, cosa che ti da una bella sensazione di oggettività. E abbiamo fatto un bel po' di modifiche alle canzoni che stavamo suonando dal vivo prima di finirle. Che sia suonare canzoni di fronte ad un pubblico, o anche solo di fronte ad alcuni amici che vengono in studio, è sempre un'ottima cosa capire la reazione delle altre persone.

Quando suonate una canzone nuova riuscite a giudicare subito la reazione?
No davvero. Phil è molto bravo a dirci come è andata, ma credo che noi siamo troppo occupati a non fare errori mentre suoniamo, perchè ci si mette un po' a suonare bene le nuove canzoni. Ma se le persone stanno saltando su e giù di fronte a noi, allora è un buon segno! E, da quello che ho visto, tutte le canzoni stanno andando davvero bene. Sono sicuramente molto contento della reazione.

Adesso avete più di 50 canzoni dagli album tra cui scegliere quando fate una setlist. Ci sono canzoni che ti piacerebbe suonare e che non suonate da tempo?
Mi piacciono davvero Daylight e A Rush Of Blood To The Head. Sono sempre state le mie preferite da suonare dal vivo. Ma ci mettiamo sempre delle canzoni decise all'ultimo minuto durante il tour, così credo ci sia sempre un elemento di sorpresa ad un certo punto del concerto per le persone che vengono a vederci.

Hai una canzone preferita da suonare?
Ad essere onesto, mi interessa di più avere una setlist che fili dall'inizio alla fine. Se mi diverto dal momento in cui salgo sul palco a quello in cui esco allora posso dirmi contento. Credo sia questo l'obiettivo, davvero, quello di vedere l'immagine ingrandita. Scegliere una canzone preferita non sarebbe giusto. E' come scegliere il figlio preferito.

Cercate di avere una sorta di storia lungo la setlist?
Credo di si. Non siamo mai stati amanti di concerti troppo lunghi, e mi piace di più che le persone vadano via con la sensazione di volere di più piuttosto di aver visto troppo. Quindi credo sia importante che sia corto e bello e una specie di viaggio dall'inizio alla fine con punti più alti e più bassi; come dici tu, una specie di storia. In questo modo il pubblico non si metterà a controllare l'ora e si sentirà sempre coinvolto.

Adesso che siete arrivati a suonare nelle arene, è difficile dare ai vostri concerti lo stesso senso di intimità dei primi concerti nei club?
E' difficile, perchè le persone sono molto lontane, ma cerchiamo di andare in mezzo al pubblico e suonare in palchi secondari. E Chris è molto bravo a parlare alle persone più lontane. Cerchiamo di far si che tutto il pubblico si senta riconosciuto. Credo che sia questa la cosa fondamentale.

Ci sono dei paesi in particolare in cui non avete ancora suonato e che ti piacerebbe visitare?
Mi piacerebbe esplorare di più l'Africa dopo la reazione che abbiamo avuto in Sud Africa quest'anno. E mi piacerebbe andare in India. E in Finlandia. Credo che arrivati a questo punto, suoneremmo ovunque le persone ci volessero accogliere.

Infine, hai un concerto preferito?
Glastronbury è sempre ai primi posti. E' così radicato nella cultura britannica. E i nostri concerti a Wembley saranno sempre memorabili. E' bello viaggiare attorno al mondo e suonare ovunque, ma è anche bello suonare a casa.