(2008) Bologna / Milano

Nel pomeriggio comincia così anche la distribuzione dei palloncini. Appare subito che, stavolta, li hanno portati in molto pochi. Sale perciò un po’ di sconforto, perché eravamo pronti a rifare una coreografia degna di una location come quella di Milano, ma a quanto pare è la materia prima che latita. Così comincia la rincorsa ai palloncini colorati: vengono distribuiti, acquistati presso il vicino autogrill, portati da amici. Cerchiamo, in altre parole, di salvare il salvabile. Vogliamo solo che Miller filmi quella cascata di colori che aveva lasciato stupita Bologna e metta il clip su Coldplay.com, visto che il giorno prima nessuno si aspettava una cosa del genere e quindi nessuno l’aveva ripresa con le telecamere.
A due minuti dall’apertura dei cancelli (o meglio, del cancello), bastava girarsi indietro per capire che ognuno di noi era supportato da altri come noi: un ‘esercito musicante’ tutto italiano, compatto e pronto, finalmente, a gridare ‘Viva La Vida’.
Dopo un’altra corsa verso il palco, l’ingresso nel palazzetto è completato. Stavolta siamo di più: 17.000. La tribuna si riempie altrettanto velocemente e tutti fremono per (ri)vedere la band all’opera.
Ma l’aria è cambiata. E’ ancora più festante. Si ha il favoloso sentore che la bellezza dell’atmosfera verrà moltiplicata come non mai, stasera. Attendiamo ancora fino al termine dell’ottima esibizione di Albert Hammond Jr. (anch’egli più carico rispetto alla sera precedente).
E poi... eccoli. Stavolta la telecamera c’è e filma tutto. Ma fa di più. Manda tutto in onda in diretta sul maxischermo posto alle spalle del palco, facendo sì che l’effetto domino dell’agitare tutti il proprio palloncino possa avere via libera. E il nostro timore di non poter riprodurre la coreografia di Bologna viene spazzato felicemente via da altre centinaia di palloncini colorati. Sono molti di più, una quantità impressionante che lascia nuovamente attoniti i Coldplay.
‘Life In Technicolor’ è suonata, così, con maggiore energia, e la seguente ‘Violet Hill’ incarna tutto quello che il pubblico vuole sentire dalla band: la potenza del loro sound. Alla fine della performance del primo brano estratto da ‘Viva La Vida Or Death And Al His Friends’, Chris fa accendere le luci e ringrazia personalmente Milano e più in generale tutti gli italiani. Non si aspettava(no) di vedere e trovare tanto calore. Ma noi si: abbiamo aspettato tre anni per ridarlo loro!

Ragazzi siete fantastici.
Chris Martin

‘Clocks’ è un capolavoro, con i laser e i tasti del pianoforte che aspettano la mano di Chris che procede ormai a memoria. E si balla. ‘In My Place’ invece coinvolge tutti. E si canta. ‘Speed Of Sound’ riecheggia, poi, come un suono potente e preciso. E qui si canta e si balla.
Dopo essere passati da una perfetta ‘Cemeteries Of London’, si ripercorre la stessa strada-setlist del giorno prima, e la band propone ‘Chinese Sleep Chant’ con maggiore vigoria. Così come ‘42’, cantata davvero da tutti e fatta propria grazie ad una parte centrale ottimamente eseguita da Jon Buckland e la sua chitarra.
Giunge, successivamente, l’organo di ‘Fix You’ ed è un incontrastato furore. Nessuno riesce a tacere e non far uscire la propria voce per unirsi al canto di Chris e di altri fans. La parte conclusiva del pezzo viene, come al solito, cantata da tutti noi e costringe Chris a ripetere gli epiteti ‘Bravissimi!’ e ‘Perfetto!’ appena ne ha l’occasione. L’atmosfera si riempie di una carica emozionale tangibile con mano, e l’intimità fra i Coldplay e il pubblico accresce la sua forza.
Su ‘Strawberry Swing’ si rinnova, come il giorno precedente, l’affermazione che è incentrata nel ritornello: anche oggi è ‘un giorno perfetto’. Grande Jonny Buckland che pizzica le corde in maniera così autentica e genuina che, chiudendo gli occhi, molti vedono l’Irlanda.
Al termine, si apre forse il momento più sorprendente della serata. I quattro si spostano nel B-Stage, anche qui a destra del palco (ovviamente, ‘la destra’ del pubblico) ed eseguono ‘God Put A Smile Upon Your Face’ e ‘Talk’ nelle due versioni alternative, le quali aprono a scenari fatti di flussi di luce laser ondeggianti che paiono voler richiamare il volo di un uccello. Dopodichè, la band lascia Chris solo al piano e qui accade l’impensabile, ma nella sua accezione più piacevole: per la prima volta in questo tour, viene eseguita (interamente) una superba ‘Don’t Panic’. Delicata, morbida, leggera, sinuosa e talmente inaspettata da essere apprezzata fin dalla prima nota. Martin decide di regalarci, così, una grande interpretazione della canzone di apertura di ‘Parachutes’ e lo fa coinvolgendo anche il canto del pubblico, che si fa sommesso e quasi sottovoce. Non si può urlare a squarciagola qui: si tratta del miglior modo di parlare a se stessi.

Dopo un applauso infinito, tocca ad un altro brano eseguito poche volte durante la tournee: ‘Reign Of Love’, una grande ballata, anch’essa eseguita in maniera integrale. Vola ancora qualche palloncino, segno che i fans si sono fermati ad ammirare le note del pianoforte che si susseguono con una ammaliante perfezione. E a seguire, ‘Postcards From Far Away’. Una trilogia di brani sugli ottantotto tasti d’avorio che i sostenitori italiani probabilmente non dimenticheranno mai.
Nemmeno il tempo di ritornare sulla Terra, che le note della Violectra di Davide Rossi e il tamburo di Will Champion ci riportano con lo sguardo davanti, verso il palco principale, per godere (è il termine più consono) del brano più atteso, quello che fa ballare in modo incontrastato - come una febbre alta - giovani, meno giovani, ragazzine e padri di famiglia, persone non più tanto ‘verdi’ e casalinghe non così disperate, tutti insieme: ‘Viva La Vida’. Il coro principale è così forte, così infrangibile e così cantato col cuore in mano che nessuno può e deve rimanerne escluso. Prima dell’ultimo, Chris cita qualche parola di un brano di Albert Hammond Jr., cioè ‘In Transit’. Poi è la fine del mondo. Will canta a squarciagola, come se fosse lui il re in rovina citato nella canzone. Quando si dice ‘vivere’ un gran pezzo musicale...