(2008) Bologna / Milano

Con questo pensiero fisso in testa, Guy Berryman rimane di stucco quando comprende che ‘Fix You’ qui in Italia non è una semplice canzoncina, ma una sorta di inno alla vita, una specie di colpo di vento in grado di farti capire chi sei, cosa vuoi e come puoi pienamente realizzarti. Inutile dire che il finale è interamente cantato dal pubblico...
In ‘Strawberry Swing’ Jon Buckland dà il meglio di sé in un loop alla chitarra degno dei fasti che l’appellativo della band migliore del momento si fa carico. Il battito delle mani - le stesse che prima agitavano qualche centinaio di palloncini - ora scandiscono il tempo di un brano che sembra la perfetta cornice della serata: è ‘proprio un giorno perfetto’.
La band si sposta poi sul lato destro per aprirsi nello B-Stage ed eseguire due versioni alternative di due grandi ‘cavalli di battaglia’ del passato: ‘God Put A Smile Upon Your Face’ e ‘Talk’. Lo scenario è fatto di piccole luci (cellulari, fotocamere ed altri oggetti della moderna tecnologia). La sensazione è quella di ascoltare la più bella musica del mondo sotto un cielo stellato. Lo stesso cielo che accoglie la morbidezza del suono e la delicatezza della voce dello stesso Chris Martin (incontrollabile stasera, salta da una parte all’altra…) di una superba ‘The Hardest Part’ in veste di melodica ninna nanna al piano. Il coro del pubblico si fa più delicato e, per la verità, mai invadente.

Chiudendo gli occhi poco dopo e ascoltando in silenzio la strumentale ‘Postcards From Far Away’, una perfetta fusione del piano di Martin con la chitarra leggera di Buckland e l’impercettibile basso di Berryman, si apre una specie di tunnel, nel quale non è possibile dire dove ci si trova, in che momento, assieme a chi. Lo stesso tunnel che quando arriva alla sua fine apre al violino distorto del capolavoro dei capolavori, quel ‘Viva La Vida’ innalzato da tutti a canzone dell’anno e assurto a inno alla vita, alla gioia, al delirio. E’ fantastico osservare come ciascuno dei presenti abbia una reazione al brano diversa da tutte quelle degli altri: c’è chi canta, c’è chi piange, c’è chi balla, c’è chi salta, c’è addirittura chi sviene. In tutto questo, Will Champion apre e chiude il canto con una voce incredibilmente forte e robusta: si vede che canta con l’anima e picchia come un fabbro su quei tamburi e su quella caratteristica campana che fa sembrare il tutto una grande festa di Natale. Chris è una libellula, una farfalla: vola da parte a parte del palco e prende con sé tutta la forza dell’entusiasmo dei suoi fans, ammirando anche il nostro striscione e capendo, in fin dei conti, che anche lui è con noi, in un’altra dimensione.
Fra le grida di un pubblico estasiato, in trance, quasi ‘drogato e rapito’ da una musica così celestiale, Guy si sposta ai tamburi e ‘Lost!’ riempie l’aria. Che pezzo! I ragazzi ci danno dentro con una grinta a cui i Coldplay in passato non si erano nemmeno avvicinati. E anche qui il pubblico fa sentire il proprio appoggio.
Un breve momento di attesa, e li rivediamo sbucare dietro, in fondo, nel C-Stage, fra i seggiolini di una tribuna letteralmente impazzita che non si aspettava questa comparsata. Chris ringrazia ancora di cuore tutti i sostenitori italiani. Parte ‘The Scientist’ versione acustica. Il coro finale fa tremare le pareti. Fa battere i cuori. Scuote le menti. E in men che non si dica il suono diventa applauso ritmato per ‘Death Will Never Conquer’, introdotta dalla presentazione che Chris Martin fa per Will Champion ‘da Southampton’. Chitarra, armonica e voce: cosa c’è di più bello? E’ qui che l’essenziale diventa completezza.
Dopo un invito alla dance con il ‘Viva La Vida Interlude Remix’ (uno stacco di circa quattro minuti in cui è la musica disco ad essere al centro del mondo, e dove il coretto dei supporters continua a ripetersi all’infinito), la band ritorna sul palco e dà grande prova della propria abilità con ‘Politik’, particolarmente apprezzata. La parte finale è lasciata in balia della musica classica di Satie, grazie all’interpretazione da parte di Chris di ‘Six Gnossiennes 1’ che fa brillare gli occhi dell’audience.

L’ultima parte è delirio incontrollabile, qualcosa che ognuno di noi dovrebbe ‘vivere prima di morire’. Si inizia con ‘Lovers In Japan’. Sul maxischermo scorrono le immagini di un mondo lontano, l’Asia. Nell’aria le parole della canzone diventano unisono e durante i ritornelli delle autentiche cascate di farfalle di carta portano le nostre teste ad andare a guardare verso l’altro. E c’è solo un senso che ci accomuna: il senso di libertà, di gioia, di vita.
Proprio quest’ultima sensazione è volutamente richiamata a noi stessi con un forte grido in ‘Death And All His Friends’. Piano suggestivo nella prima parte, poi entrano gli altri, e poi il coro finale che ribadisce come, dopo aver toccato con mano la più grande emozione della nostra esistenza, nessuno voglia ‘seguire la morte e tutti i suoi amici’. La speranza, la voglia di vivere, la gioia di vivere, l’assaporare le cose belle che il mondo e il tempo ci riservano sono concentrate come una molecola impazzita in questo pezzo entusiasmante.
La band rientra nel backstage salvo poi ritornare per eseguire la canzone forse più desiderata dal pubblico: ‘Yellow’. Quella ‘Yellow’ con la quale molti sono cresciuti, con la quale tanti si sono innamorati, grazie alla quale i più hanno proprio conosciuto la band, non viene cantata da Chris: è troppo grande la nostra voglia di cantarla, è troppo immensa la nostra voce, è ‘troppo’ parte di ciascuno dei presenti che ce la cantiamo tutta noi. I Quattro così, al termine del brano, ringraziano coloro che ringraziano. Ma i nostri riconoscimenti, a differenza dei loro, sono infiniti...

Con le note di ‘The Escapist’ finisce la prima serata italiana dei Coldplay nel 2008. Abbracci, baci, sorrisi, pianti di gioia, nuove amicizie… e tutto potrà ripartire l’indomani.
Dopo pochissime ore di sonno (e qualche battuta memorabile) lo staff di Coldplayzone si sposta a Milano, presso il Datchforum, per quello che si preannuncia come un altro evento da vivere intensamente.
Stavolta la fila per accedere al parterre è unica e, quando lo staff giunge al palazzetto, ci sono già diversi ragazzi e soprattutto ragazze, quest’ultime accorse sin dalla Sardegna per gustarsi lo show. Pian piano giungono tutti i Coldplayzoners impossibilitati ad essere presenti a Bologna ma comunque vogliosi di partecipare all’avventura milanese, più alcuni già reduci dalla tappa emiliana: c’è chi viene da Milano stessa, c’è chi viene da Roma, chi da Napoli, chi da Reggio Calabria. Insomma, una certezza: nessuno vuole perdersi quest’altra grande emozione.
Durante la mattinata, come accaduto al Palamalaguti, anche sulle inferriate esterne del Datchforum viene appeso lo striscione di Coldplayzone ‘creato’ per i due concerti. E subito quasi tutti ricollegano i pensieri ai ricordi della serata passata. E per chi non ha ‘quei’ ricordi, i pensieri diventano speranze positive.